(Teleborsa) - Ridotto impatto dei conflitti tra Russia e Ucraina e tra Israele e Hamas sul business delle aziende. Positivita` sulle stime in termini di performance, crescita del fatturato e aumento dell'organico. Questo il sentiment dei rappresentanti della business community partecipanti a
Cernobbio alla trentacinquesima edizione del
workshop annuale "Lo scenario dell'Economia e della Finanza", chiamati a esprimere la propria opinione sulle prospettive delle proprie aziende nell'economia globale. Dal polling emergono spunti congiunturali estremamente rilevanti, che confermano quanto gia` evidenziato con la pubblicazione della prima
rilevazione trimestrale 2024 del TEHA Club Economic Indicator. Le prospettive restano ragionevolmente positive per il 2024 e 2025.
Interrogati sugli
effetti del conflitto tra Russia e Ucraina sul business dell'azienda, i partecipanti hanno evidenziato un ridotto impatto (49,3%). Solo il 7,3% (in calo rispetto al 10,9% del 2023) dei partecipanti ha dichiarato un impatto molto grave. Il sondaggio ha anche analizzato l'
influenza della guerra tra Israele e Hamas sul business delle aziende: oltre la meta` dei partecipanti (il 62,2%) ha dichiarato un ridotto impatto sulle proprie attivita`.
In merito all'euro, e` stato chiesto di esprimere un'opinione circa il
rapporto di cambio tra Dollaro ed Euro nell'aprile 2025. Secondo il 41,7% della platea il rapporto rimarra` invariato, mentre per il 32,1% dei partecipanti il cambio sara` inferiore, quindi l'Euro sara` piu` debole. Il 22,6% dei partecipanti, invece, prevede un Euro piu` forte, e quindi un cambio maggiore dell'attuale.
In merito all'
andamento della propria azienda rispetto ai concorrenti, il 42,6% (in calo rispetto al 46% del 2023) dei partecipanti dichiara di performare meglio. Il 18,1% segnala di performare molto meglio, mentre il 27,7% ritiene di essere in linea con i concorrenti. Solo l'8,5% afferma un andamento peggiore.
Si registrano opinioni positive circa la
previsione di crescita del fatturato dell'azienda nel 2024: il 69,3% dei partecipanti ha affermato di prevedere una crescita, di cui il 34,1% stima un incremento superiore al 10%. Meno di un quarto, il 20,9%, prevede invece stabilita`. Solo il 7,7% ipotizza una flessione del fatturato.
Ottimismo anche sulle
previsioni di occupazione nelle aziende: quasi la meta` degli intervistati (il 47,8%, contro il 43,9% dell'anno scorso) prevede una crescita dell'organico. Fra loro il 15,2% stima una crescita superiore al 10%, mentre il 32,6% una crescita inferiore al 10%. Piu` di un terzo (il 35,9%) prevede una stabilita` dell'organico. Il 15,2% (in leggero incremento rispetto al 9,7%) ha invece ipotizzato una riduzione dell'organico.
Permane, inoltre, – secondo quanto emerge dal
rapporto "Il futuro del Mercato Unico Europeo" presentato sempre nel contesto della 35esima edizione del workshop "Lo Scenario dell'Economia e della Finanza" organizzato da The European House – Ambrosetti – un senso di fiducia nel Mercato Unico con maggior convinzione da parte delle grandi imprese; cautela dalle PMI che ne percepiscono più le difficoltà, legate alle complicazioni amministrative e all'aumento dei costi di compliance, che le opportunità.
Oltre alle differenze di percezione,
il Mercato Unico si muove a velocità diverse a seconda del settore. In alcuni settori di primaria importanza per il futuro dell'Europa, come l'energia, i trasporti e il settore finanziario, non esiste ancora un vero Mercato Unico Europeo. D'altro canto, la sovrabbondanza di norme, la tendenza all'avversione al rischio e le difficoltà di attuazione contribuiscono ad aumentare i costi di conformità e a creare barriere.
Un nuovo sviluppo del Mercato Unico dovrebbe essere la priorità della prossima Commissione Europea, semplificando il
quadro normativo, creando nuove opportunità per finanziare attraverso il mercato i grandi progetti di interesse pubblico europeo, e bilanciando la prevenzione dei rischi con la spinta all'innovazione e la competitività. L'evoluzione del Mercato Unico sarà fondamentale per garantire la sostenibilità dell'economia europea nell'attuale contesto di crisi globali sovrapposte, concorrenza economica e tensioni geopolitiche.
Relativamente alle tecnologie emergenti, prima tra tutte l'intelligenza artificiale, l'interesse è invece generale e consolidato, tanto da spingere verso investimenti importanti. L'Unione Europea si sta posizionando come pioniere nello sviluppo di tecnologie innovative come l'Intelligenza Artificiale ma con l'
AI Act recentemente approvato rischia di auto-limitare la propria potenzialità di investimenti. Le imprese europee temono infatti che una regolamentazione troppo rigorosa ostacoli lo sviluppo e ostacoli la competitività globale, soprattutto nei confronti di giganti tecnologici come gli Stati Uniti e la Cina. L'Unione Europea – viene sottolineato nel rapporto – dovrebbe quindi considerare non solo il tema della sicurezza ma anche sostenere maggiormente l'AI come opportunità di crescita con iniziative di finanziamento per costruire un solido ecosistema digitale, garantendo la sovranità dei dati, coltivando le competenze in materia di IA e allineando la regolamentazione dell'IA all'innovazione. Secondo l'EPRS, infatti, le politiche dell'UE che regolano l'automazione e le tecnologie dell'IA hanno il potenziale per sbloccare un
valore aggiunto stimato in 206 miliardi di euro all'anno per l'economia europea, vale a dire un potenziale guadagno di efficienza. Dando la priorità a queste misure, l'UE può rafforzare la sua posizione di hub globale dell'IA ed evitare di rimanere un attore secondario.
Il rapporto – frutto di un lavoro di ascolto delle priorità e delle esperienze delle imprese europee che The European House – Ambrosetti ha svolto fra ottobre 2023 e marzo 2024 attraverso le community TEHA Club e TEHA Club Europe e condiviso con il presidente Enrico Letta, EU Rapporteur sul Futuro del Mercato Unico, incaricato dalla Presidenza del Consiglio Europeo – identifica due questioni fondamentali che le imprese europee si trovano ad affrontare: gli oneri normativi e amministrativi (tra cui la mancanza di armonizzazione e l'assenza di norme in alcuni settori, nonché la sovrabbondanza di norme spesso avverse al rischio in altri) e la necessità di maggiori investimenti nella produttività dell'Unione Europea per affrontare efficacemente i principali progetti sistemici nonché per migliorare la sicurezza economica regionale e la competitività su scala globale.