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AI Act: la normativa europea è davvero uno svantaggio competitivo per le aziende?

Economia
AI Act: la normativa europea è davvero uno svantaggio competitivo per le aziende?
(Teleborsa) - Alla luce dell’accordo intercorso tra Commissione, Consiglio e Parlamento Europeo lo scorso dicembre, l’Europa sta lavorando per approvare in via definitiva il primo Regolamento interamente dedicato all’AI. Le sfide legate alla normazione di una disciplina relativamente giovane come l'intelligenza artificiale sono molte, ma per il momento si concentrano sul copyright e sul trattamento legittimo delle grandi mole di dati necessarie per addestrarle.

PwC Italia ha avviato un ciclo di incontri proprio per favorire il dialogo tra aziende e decision maker nel corso di questi due anni che anticipano l’entrata in vigore dell’AI Act.

Coerentemente a questa visione, secondo Giovanni Andrea Toselli, Presidente e Amministratore Delegato di PwC Italia, la classe dirigente di questo paese deve valutare attentamente la propria propensione al cambiamento: "Vediamo un rischio che incrementa proporzionalmente sulla base della velocità del cambiamento stesso, quindi in questo momento in cui il modo di lavorare sta cambiando in modo molto veloce, credo che tutto possa essere distillato sul concetto di lavorare per ridurre al massimo gli impatti della resistenza al cambiamento, che è un fatto umano. Tutti noi dobbiamo tenere la mente aperta e pensare out of the box, per cercare di trovare il modo di accelerare il più possibile e tenere il passo".


Il dubbio principale è legato allo svantaggio competitivo che una normativa troppo rigida potrebbe imporre alle aziende europee, in confronto ad altri ecosistemi più permissivi, come in parte sono gli Stati Uniti ed in assoluto è la Cina. Dall'altra parte, una completa deregolamentazione della gestione dei dati potrebbe aprire scenari assolutamente preoccupanti.

Secondo Andrea Lensi Orlandi, Legal Partner NewLaw PwC TLS Avvocati e Commercialisti, è importante però anche tenere conto della prospettiva da cui si osserva il problema della competizione: "Come Brando Benifei (Relatore AI Act al Parlamento Europeo, membro Commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori, PD .ndr) ha sottolineato, in realtà esso non si applica alle sole imprese europee, ma anche a tutte le imprese che intendono fare affari nel mercato europeo e, non volendo rinunciare a tale fetta di mercato, dovranno conformarsi anche esse a questo provvedimento. Quindi possiamo dire che il piano di gioco è livellato per tutti. Ma Benifei ha sottolineato anche che il tema della concorrenza non è la vera questa normativa, che è invece sulle grandi aggregazioni di dati su cui poter far lavorare l'intelligenza artificiale".

Se quindi è vero che una normazione europea sul trattamento dei dati è necessaria, ed è altrettanto necessario che queste normative siano in costante evoluzione ed aggiornamento, è anche vera e tangibile la responsabilità istituzionale, e non solo, di proteggere questi dati. La cybersecurity è quindi un elemento imprescindibile nell'ecosistema AI, che deve progredire di pari passo a tecnologia e regolamentazione. Questa è la problematica principale che ha sottolineato Bruno Frattasi, Prefetto e Direttore Generale dell’Agenzia per la cybersicurezza nazionale:"La sicurezza informatica non può essere considerata disgiunta dall'aspetto valoriale ed etico. Può infatti crearsi uno squilibrio tra il potere degli sviluppatori e la catena di valore, ovvero le imprese che si avvolgono in questi sistemi, che hanno la necessità di avere tutte le informazioni possibili sulla struttura del software, in modo da capirne pienamente tutte le potenzialità, secondo un principio di equità e di trasparenza che deve naturalmente presidiare lo sviluppo di questo sistema".


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