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Imprese, Bevilacqua: "Eventuale asse Mosca-Pechino possibile esplosione nucleare commerciale"

Lo scenario tracciato dall'esperto di commercio internazionale

Economia
Imprese, Bevilacqua: "Eventuale asse Mosca-Pechino possibile esplosione nucleare commerciale"
(Teleborsa) - Oltre a dover far fronte al pesante aumento dei prezzi delle materie prime, le imprese italiane dovranno affrontare anche la ricerca di nuove destinazioni per i loro prodotti. La Russia – come emerge dal report sull'esposizione al mercato russo delle economie locali italiane realizzato da Prometeia sulla base dei dati Istat relativi alle esportazioni delle regioni italiane nel IV trimestre 2021 – rappresenta per l'Italia l'1,8% delle esportazioni che equivalgono a quasi 7,7 miliardi di euro. I settori più esposti sono gli articoli di abbigliamento, dove il mercato russo rispecchia il 3,9% dell'export con oltre 734 milioni di euro; la fabbricazione di altre macchine di impiego generale (2,9% dell'export, 678 milioni di euro); e i mobili che mostrano una esposizione significativa al mercato russo pari al 3%.

L'impatto diretto delle sanzioni alla Russia, sull'export italiano, è, tuttavia, complessivamente modesto. Il blocco – secondo il recente Rapporto di previsione sull'economia italiana di Confindustria – riguarda 686 milioni di euro di vendite in Russia, pari all'8,9% dell'export italiano nel paese. Ma quello che preoccupa – evidenzia Confindustria – è che ci sono alcuni specifici prodotti italiani (ad esempio alcuni macchinari) per i quali il peso del mercato russo supera il 10%. Le esportazioni italiane subiranno un pesante rallentamento nel 2022 (+2,8%), dopo l'ottimo 2021. Per quest'anno, la crescita sia dell'export che dell'import viene rivista al ribasso di circa 5 punti rispetto allo scenario del Centro Studi Confindustria di ottobre.

"C'è una polarizzazione delle attività che sono danneggiate dalla crisi con la Russia. L'impatto – spiega Nunzio Bevilacqua, giurista d'impresa ed esperto di commercio internazionale – si concentra su determinati settori tra cui spicca sicuramente quello della moda e del lusso, beni tipici del Made in Italy. Qui il danno non si va a sostanziare solo nella chiusura degli esercizi commerciali che vendono in Russia i nostri prodotti ma anche nella diminuzione di acquisti all'estero di tali beni derivante dalla mancanza di circolazione del turismo russo".

Analizzando i dati a livello territoriale Prometeia evidenzia come in Emilia Romagna e in Umbria, il settore della moda sia l'industria più esposta al mercato russo. In particolare, in Umbria, il settore della moda esporta 48 milioni di euro verso la Russia, rappresentando il 15% dell'export umbro di abbigliamento. Le Marche mostrano la propria maggiore esposizione al mercato russo nel settore delle calzature, dove le esportazioni raggiungono gli 81,6 milioni di euro e rappresentano l'8% dell'export del settore. In Calabria, invece, le esportazioni verso la Russia di altre macchine di impiego generale costituiscono circa 3,2 milioni di euro e delineano il 47% delle esportazioni settoriali totali.


Ma in tale scenario si profila un impatto ancora maggiore per le imprese italiane. "Il rischio è che la Cina, che non ha preso ad oggi una posizione univoca nei confronti della situazione ucraina, – sottolinea Bevilacqua – possa orientarsi verso la creazione di un più definito asse con la Russia. Se ciò avvenisse le stesse imprese italiane che lavorano in Cina potrebbero subire delle conseguenze, di non poco rilievo, tra cui quella di essere soggette a ripercussioni da parte dello stato cinese che vedrebbe le stesse di origine non più 'amica'. Sorgerebbero, inoltre, problematiche per quanto riguarda l'uscita dal Paese di beni prodotti in Cina. Questo scenario ha portato diverse aziende che lavorano in loco, benché non ancora toccate da problematiche imminenti, a rivedere i propri piani strategici. Un appoggio cinese alla Russia rappresenterebbe 'un'esplosione nucleare commerciale' e diverse aziende stanno già pensando a delle exit strategy".

Secondo l'esperto, nell'ottica della diversificazione verso cui dobbiamo indirizzarci, America latina e in particolare il Brasile sono i paesi a cui guardare. "Tra i nuovi scenari che si aprono per le imprese italiane figura l'America latina e in modo particolare il mercato brasiliano. Il Brasile – prosegue Bevilacqua – ha un sistema che consente degli investimenti in varie attività merceologiche. Lo stesso presta una notevole accoglienza all'investimento italiano e l'Italia ha capacità di penetrazione nel mercato con diverse attività commerciali. Il Brasile è sicuramente un Paese dove ci sono delle grandi potenzialità ma anche una più che regolare stabilità che consente alle aziende di pensare a degli investimenti di medio e lungo periodo. A prescindere dall'alternanza di governi che ci può essere in Brasile, il Paese conserva, infatti, un ottimo balance tra più che regolare stabilità e redditività dell'investimento. La presenza di una moneta non ancora altamente apprezzata può consentire alle imprese italiane di realizzare un buon investimento approfittando anche della forza valutaria dell'euro. Uno dei settori dove ci sono delle ottime possibilità di investimento è certamente l'agribusiness, settore strategico per il Brasile che comprende tutto ciò che riguarda l'efficientamento nell'agricoltura. In particolare la zona economica speciale di Manaus, che ha attratto anche aziende statunitensi, potrebbe essere interessante anche per le aziende nostrane. In Brasile vi è inoltre una necessità di nuove infrastrutture tecnologiche, viarie, portuali e aeroportuali. Il Paese è di interesse anche per il settore di un turismo, oggi concepito anche in maniera ecocompatibile, e per le energie rinnovabili con progetti di efficientamento, produzione e distribuzione. Vi è, inoltre, un'importante presenza dell'Enel, riconosciuta tra le aziende estere più qualificate e meglio accettate nel Paese. A prescindere da come cambierà lo scenario politico il prossimo autunno – conclude l'esperto – il Brasile continua ad offrire una grande agenda di investimenti blindati da qui a 10 anni".











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