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Il caso Bosch e l'auto elettrica: il lavoro nel settore automotive alla prova della transizione

Economia
Il caso Bosch e l'auto elettrica: il lavoro nel settore automotive alla prova della transizione
(Teleborsa) - La decisione di Bosch di tagliare 700 posti di lavoro nei prossimi 5 anni nello stabilimento di Bari che produce principalmente componenti per i motori diesel non resterà un caso isolato. La transizione delle case automobilistiche verso le nuove motorizzazioni elettriche, infatti, rischia di aprire una voragine occupazione nel settore automotive italiano ed europeo, soprattutto se l'elettrificazione delle 4 ruote non verrà gestita.

"Oggi a Bari è scoppiata la prima crisi aziendale in Italia causata dal passaggio all'auto elettrica. La transizione verso l'auto elettrica ha avuto un'accelerazione troppo repentina, che sta schiacciando tutta l'industria automobilistica. La difficile prospettiva rappresentata da Bosch a Bari è conseguenza di questa veloce trasformazione del mercato e di politiche europee drastiche, che penalizzano l'Italia più di altri Paesi, perché l'Italia è la seconda realtà manifatturiera d'Europa", è la posizione espressa dal presidente di Confindustria Puglia, Sergio Fontana.

L'allarme occupazione nella transizione elettrica è noto da tempo nel settore e incontra le preoccupazione di tutti gli attori in gioco, lavoratori e ambientalisti compresi. A tal riguardo nelle scorse settimane l'Associazione europea che riunisce i fornitori automobilistici, CLEPA, ha pubblicato un rapporto elaborato da PwC Strategy& per valutare l'impatto del Green Deal sull'occupazione e sul valore aggiunto tra i fornitori di automobili in tutta Europa nel periodo 2020-2040.

Il primo fattore che evidenzia il report è che "mentre le case automobilistiche hanno una maggiore capacità di disinvestire o attribuire attività per compensare una perdita di attività nel settore dei motori, i fornitori di automobili possono reagire con molta meno agilità, poiché sono vincolati da contratti a lungo termine con i produttori di veicoli". A questo elemento se ne aggiunge un altro, cioè che "oltre a leader del settore globali e ben capitalizzati, il settore è composto da centinaia di aziende specializzate e PMI con un minore accesso al capitale da investire nella trasformazione dei loro modelli di business".

Lo studio prevede quindi che in uno scenario in cui l'Unione europea punti esclusivamente sull'auto elettrica per decarbonizzare i trasporti, il 70% dell'impatto occupazionale si farà sentire già nel periodo 2030-2035 e dimostra che le opportunità dei veicoli elettrici dipendono dalla creazione di una profonda catena di approvvigionamento delle batterie nell'UE, tempi e probabilità dei quali sono ancora incerti. "I paesi dell'Europa occidentale sembrano nella posizione migliore per essere roccaforti nella produzione di propulsori EV, mentre l'occupazione nei paesi dell'Europa centro-orientale rimarrà fortemente dipendente dal motore a combustione interna", sottolinea il rapporto.

Il report di CLEPA ha messo in evidenza il 70% della creazione di valore relativa ai propulsori elettrici (fino a 70 miliardi di euro) sarà collegati alla lavorazione dei materiali delle batterie, alla produzione di celle e moduli e al loro assemblaggio. "È importante sottolineare – si legge nel rapporto – che queste attività non saranno necessariamente con le stesse società o nelle stesse regioni, poiché richiedono competenze significativamente diverse rispetto alla tecnologia dei gruppi propulsori convenzionali ed è quindi improbabile che forniscano opportunità alla maggior parte dei fornitori automobilistici orientati a questa motorizzazione, in particolari piccole e medie imprese che impiegano circa il 20% delle persone che lavorano nel settore delle forniture automobilistiche".

"Un approccio tecnologico aperto dovrebbe includere una rapida elettrificazione con energia pulita e rinnovabile, integrata da una tecnologia di combustione pulita con combustibili rinnovabili sostenibili – ha affermato la presidente della presidente dell'Associazione, Sigrid de Vries –. Esistono più opzioni oltre a zero emissioni dallo scarico e dobbiamo riconoscere il ruolo che i combustibili climatizzati possono svolgere nella riduzione delle emissioni, nel preservare la scelta dei consumatori, l'accessibilità economica e nel mantenere la competitività globale dell'Europa. Il nemico qui non è la tecnologia, ma piuttosto i combustibili fossili e l'apertura tecnologica sarà fondamentale per garantire una transizione giusta".

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