(Teleborsa) - Il vero nodo dei negoziati per la Brexit continua a essere quello sui
diritti di pesca, con la
prospettiva di un no-deal che è sempre più vicina, nonostante
inizi a circolare la possibilità di proseguire i colloqui anche dopo il primo gennaio 2021. Ieri è entrata nell'operatività dei negoziati anche la presidente della Commissione
Ursula von der Leyen, che ha parlato due volte al telefono col premier inglese
Boris Johnson, senza però sbloccare la situazione.
Per provare a sbloccare la situazione, il Regno Unito ha avanzato la
proposta di diminuire del 30% il valore del pesce catturato dalle barche dell'UE nelle acque britanniche, un calo sostanziale dalla richiesta del 60% della scorsa settimana. L'
Unione europea ha, tuttavia, rifiutato qualsiasi riduzione superiore al 25%, spinta soprattutto dall'intransigenza di Francia e Danimarca.
"Respingiamo l'offerta del Regno Unito sulla pesca in quanto ritenuta inaccettabile - ha detto il capo negoziatore UE
Michel Barnier - L'offerta dell'UE sta già causando problemi ad alcuni Stati membri e non può che essere l'offerta finale".
Oltre al valore percentuale delle catture, le due parti stanno negoziando su
quanto tempo sarà concesso ai pescatori per adeguarsi alle regole. Il Regno Unito ha chiesto all'UE di accettare un periodo di transizione di cinque anni dopo aver precedentemente suggerito tre anni. L'Unione europea aveva inizialmente chiesto 10 anni e ora ne ha offerti 7. L'UE vuole, inoltre, essere in grado di
imporre tariffe al Regno Unito se, in futuro, il governo limiterà l'accesso alle sue acque.
L'accordo finale dovrebbe includere anche un
meccanismo di compensazione: secondo la proposta del Regno Unito, se la quantità di pescato a disposizione dei pescatori europei venisse ulteriormente ridotta dopo la transizione, nel 2025 o 2027, i pescatori europei potrebbero essere compensati in base al
valore degli stock ittici persi.