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CSC, in quarto trimestre PIL cala e" zavorra" il 2021

Annus horribilis per l'auto

Economia
CSC, in quarto trimestre PIL cala e" zavorra" il 2021
(Teleborsa) - Il forte rimbalzo nel terzo trimestre (+15,9%) ha sostenuto il PIL italiano di quest'anno, ma la seconda ondata di epidemia da fine estate e le restrizioni per arginarla fanno stimare un nuovo calo nel quarto trimestre. Ciò causerà un "trascinamento" statistico peggiore al 2021, che parte più basso. Il risultato, nelle variazioni annue, è una minore caduta nel 2020, ma meno rimbalzo l'anno prossimo. Questa la fotografia scattata dal Centro Studi di Confindustria nella Congiuntura Flash.

A novembre nuova flessione nei servizi (PMI a 39,4), sebbene meno marcata di quella di marzo-aprile; ciò a causa dell'impatto sulla domanda delle restrizioni alla mobilita' e anche per le chiusure parziali di alcuni settori, molti legati al turismo.
Nell'industria, invece, il PMI (51,5) indica una frenata, ma ancora in territorio positivo; la produzione, però, sembra aver già invertito la rotta (-2,3% a novembre e -6,3% dal livello pre-Covid, stime Csc).

A ottobre-novembre l'indagine sulla fiducia delle famiglie suggerisce un nuovo aumento del risparmio, dato il peggioramento dell'epidemia. Ciò frena i consumi, dopo il recente rimbalzo. Lo conferma la caduta a novembre degli ordini interni dei produttori di beni di consumo.
Gli occupati sono in leggera flessione in ottobre (-0,1%), dopo la breve ripresa in luglio-agosto e lo stop già a settembre. Le persone in cerca di occupazione restano sui livelli di agosto ma, a fronte del calo dell'occupazione, ciò inizia a segnalare uno scoraggiamento alla ricerca.
A ottobre il credito bancario alle imprese ha accelerato al +7,4% annuo, spinto dai prestiti per liquidità con garanzie pubbliche, arrivati a circa 120 miliardi. Tuttavia, senza un solido recupero di fatturato, in molti settori ciò accresce troppo il peso del debito e degli oneri finanziari, prosciugando le risorse interne e mettendo a rischio gli investimenti anche per il 2021.

L'export italiano di beni registra il primo calo in ottobre (-1,3%), dopo cinque mesi di risalita, tornando a -4,6% da febbraio, in linea con l'export tedesco. Lo stop delle vendite italiane riguarda sia il mercato Ue che extra-Ue, con forti eterogeneità: ancora in recupero in Germania e Cina, giù invece in Francia, Spagna, Uk, Usa. Peggiora lo scenario per fine anno, come segnala la discesa degli ordini esteri del Pmi manifatturiero a novembre (49,6); pesano le nuove misure anti-Covid, specie in Europa, che frenano la domanda di beni e generano strozzature nelle catene globali del valore.

Lo scoppio della pandemia ha inferto un duro colpo al settore italiano dell'automotive. La seconda ondata di Covid e l'incertezza sulla Brexit continuano a frenare il settore, sia sul finire di quest'anno che a inizio 2021.

Nei primi dieci mesi del 2020, in base ai dati Istat, la produzione è crollata in termini annui del 26,4%. Nessuno dei sotto-comparti di cui si compone è stato risparmiato: -21,9% la produzione di autoveicoli, - 29,5% quella di carrozzerie, -30,5% quella della componentistica.

Bisogna agire, secondo il Csc, innanzitutto a sostegno della domanda di nuovi veicoli, compresi quelli non elettrificati ma a basse emissioni, così da rendere sostenibili i piani finanziari di riconversione tecnologica in atto. Da gennaio a novembre di quest'anno le nuove immatricolazioni in Italia sono calate di circa mezzo milione rispetto al 2019, che equivale a -29,0% in termini annui.

Il 31 dicembre, inoltre, "si conclude il periodo transitorio della Brexit: senza un accordo che regoli le relazioni con la UE, si dovrà gestire un’uscita disordinata del Regno Unito dal mercato unico. Nel caso di no deal, il Governo britannico ha pubblicato il sistema di dazi e tariffe che dovrebbe applicarsi. Secondo stime CSC, l’Italia (direttamente) è esposta meno di Spagna, Germania e Francia. L’impatto sarà comunque maggiore per vari comparti del Made in Italy (agri-food, fashion, autoveicoli); per alcuni territori (Nord-Est); per le imprese esportatrici di minore taglia, meno attrezzate per mercati non-UE".
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