(Teleborsa) - Alla
Brexit non c'è mai fine, ma una fine deve pur averla il processo di uscita della Gran Bretagna dall'UE. Il problema è che non è certo quando ciò avverrà, giacché
l'emendamento approvato sabato 19 ottobre dal
Parlamento inglese ha teso una
"trappola" al Premier, obbligandolo a
chiedere un rinvio indesiderato e fortemente osteggiato.
L'emendamento Letwin, che obbliga l'esecutivo a chiedere una proroga, è passato con
322 voti a favore e 306 contrari ed impegna Boris Johnson a chiedere un
rinvio dal 31 ottobre al 31 gennaio 2020. Richiesta che formalmente è stata effettuata dal capo del governo britannico, con una
lettera inviata a Donald Tusk.
Ma la situazione è tutt'altro che risolta, perché
Johnson tornerà in Aula oggi, lunedì 20 ottobre, per sottoporre a Westminster la
legge sulla Brexit imperniata sul
faticosissimo accordo raggiunto con l'UE. Un'altra tappa che si presenta densa d'insidie ed il cui
esito non è affatto scontato.
A quanto pare
Johnson avrebbe inviato
più lettere a Bruxelles, una per chiedere il
rinvio "obbligato", le altre per assicurare che Downing Street resta ferma nel proposito di
far approvare l'accordo di separazione e che la prima lettera era solo un atto dovuto.
Frattanto, i
Ventisette tirano dritto con il compromesso siglato venerdì scorso e, in una riunione domenicale, i
diplomatici dell'UE si sono accordati per andare avanti con la ratifica dello stesso in tutte le lingue dell'Unione.
A questo punto restano
due possibilità:
Brexit il 31 ottobre se Johnson riuscirà a strappare il sostegno del Parlamento all'acordo ed alle leggi attuative nei primi giorni di questa settimana; un
rinvio al 31 gennaio che potrebbe essere "tecnico", per concedere più tempo alla ratifica, o politico, nel caso venisse totalmente bocciato l'accordo a Wastminster.
Tutto è ancora da giocare e
chi vince è sempre l'incertezza: questa mattina la
sterlina si è nuovamente svalutata, passando di mano contro dollaro a 1,2939 (-0,29%) e contro euro a 1,158 (-0,17%).