(Teleborsa) -
Ore calde nel Governo sul caso
Siri. Nella tarda serata di ieri, mercoledì 2 maggio, il
Premier Conte si è presentato in conferenza stampa e ha annunciato che nel prossimo Consiglio dei Ministri chiederà la
revoca della nomina dell’esponente del Carroccio indagato per corruzione.
Ha precisato di non voler essere
“né garantista né giustizialista” e in nome, ha spiegato di una politica con la “P” maiuscola:
“Noi dobbiamo essere credibili”. La discriminante che lo ha portato a decidere, ha spiegato, è appunto che la pressione fatta al sottosegretario non fosse per l’interesse generale o futuro. Prerogativa che l’hanno resa di interesse solo di una parte.
SIRI E LE DIMISSIONI FUTURE CHE FANNO ARRABBIARE CONTE – Il diretto interessato aveva provato a giocare d'anticipo, continuando a professare la sua innocenza: ”Spero di essere ascoltato presto dai magistrati per chiarire la propria posizione. Se non arriverà una rapida archiviazione, entro 15 giorni mi dimetto”. Una mossa che non è affatto piaciuta al Premier:
“Le dimissioni future non hanno senso. O si danno o non si danno”. Il primo commento è quello di
Matteo Salvini dall’Ungheria: “I magistrati”, ha detto il Vicepremier “sono pronti a incontrare Siri e dimostrerà la totale estraneità a una vicenda surreale dove due tizi parlavano di lui senza che sia stato fatto nulla. In un paese civile funziona così.
Lascio a Conte e Siri le loro scelte.
A me va bene qualunque cosa, se me la spiegano”.Soddisfatto dell’intervento del Presidente del Consiglio,
Luigi Di Maio che nelle scorse ore aveva più volte chiesto le dimissioni del leghista: “Non esulto e non credo sia una vittoria. Detto questo sono contento che il
Governo ora possa andare avanti perché il caso Siri si chiude”.