(Teleborsa) - Il gruppo
Intesa Sanpaolo ha chiuso l'anno 2017 con un
utile netto di 7,3 miliardi di euro, che comprende il contributo pubblico cash di 3,5 miliardi di euro assegnato dal Tesoro a compensazione degli impatti sui coefficienti patrimoniali derivanti dall'acquisizione delle banche venete. Escludendo tale contributo, l'utile netto si attesta a 3,8 miliardi rispetto ai 3,1 miliardi del 2016.
Dividendi cash. Il CdA ha deliberato di proporre all'assemblea la
distribuzione di 20,3 centesimi di euro per azione ordinaria e 21,4 centesimi per azione di risparmio, al lordo delle ritenute di legge. Complessivamente, si tratta di dividendi cash per 3,4 miliardi, che, come previsto dal
piano d'impresa 2014-2017, portano il totale delle cedole del quadriennio a 10 miliardi di euro.
Patrimonializzazione molto solida. Il 2017 si è chiuso con coefficienti patrimoniali "su livelli largamente superiori ai requisiti normativi". Tenendo conto dei 3,4 miliardi di euro di dividendi proposti, il
CET1 (Common Equity Tier 1) ratio pro-forma a regime è risultato pari al 14%, "livello top tra le maggiori banche europee". Il CET1 ratio secondo i criteri transitori in vigore per il 2017 è al 13,3%.
Il CdA della banca ha approvato il nuovo piano d'impresa 2018-2021, che
prevede per fine periodo di raggiungere un
utile netto di 6 miliardi di euro rispetto ai 3,8 miliardi del 2017; il
ROTE in aumento al 14,6% dal 9,3% ed il ROE al 12,4% (da 7,9%). Il
pay out per il 2021 sarà al 70%, dopo essere previsto all'85% per il 2018, all'80% per il 2019 e al 75% per il 2020. Il
CET1 ratio pro-forma a regime è atteso pari al 13,1% nel 2021 includendo gli impatti regolamentari.
Il piano d'impresa di Intesa Sanpaolo prevede inoltre una
significativa riduzione del profilo di rischio senza oneri straordinari per gli azionisti;
dimezzamento dei crediti deteriorati a 26,4 miliardi di euro al lordo delle rettifiche nel 2021, da 52,1 miliardi del 2017, e a 12,1 miliardi al netto, da 22,5 miliardi del 2017. Incidenza dei crediti deteriorati sui crediti a clientela totali, nel 2021, al 6% al lordo delle rettifiche e al 2,9% al netto. Il costo del rischio è visto a 41 centesimi di punto.
Proposta di conversione. Il Consiglio di Amministrazione ha inoltre proposto la conversione obbligatoria di azioni risparmio in ordinarie:
rapporto di conversione pari a 1,04 azioni ordinarie per ciascuna azione di risparmio, pari a circa lo 0,2% "nel caso di integrale conversione delle azioni di risparmio, mentre sarebbe accrescitiva per circa lo 0,7% nel caso di esborso massimo a carico della Società a seguito dell’eventuale esercizio del diritto di recesso senza vendita sul mercato delle azioni acquistate".