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Il petrolio va K.O.

Il barile cade ai minimi dal 2003 e chiude a 26,55 dollari dopo l'ondata di vendite che ha colpito il contratto di febbraio in scadenza

Economia
Il petrolio va K.O.
(Teleborsa) - Il petrolio va allo sprofondo sulle piazze internazionali delle materie prime, dove ha raggiunto nuovi minimi dal 2003, arrivando attorno ai 26 dollari al barile. Un trend che dimostra, da un lato, il pessimismo imperante fra gli operatori di mercato, dall'altro, che la fase negativa non si era ancora esaurita.

C'è però da fare qualche considerazione, una in particolare: il prezzo minimo di 26,19 dollari toccato dal Future sul Light crude nordamericano è in realtà quasi un prezzo "a pronti", giacché il contratto preso in considerazione era quello di febbraio e scadeva proprio ieri. Il contratto sul WTI di febbraio ha poi chiuso in ribasso del 6,71% a 26,55 dollari al barile, prima di venir ritirato, con volumi sensibilmente inferiori alla media (circa 25 mila contratti rispetto ai 188 mila del giorno prima).

Il nuovo contratto di marzo sul Light Crude contemporaneamente è scivolato del 4,13% a 28,35 dollari e prosegue la scia ribassista questa mattina, con scambi attorni ai 28,13 dollari (-0,78%). Il Brent del Mare del Nord cede invece lo 0,72% a 27,68 dollari/barile.

Fatta questa necessaria premessa, c'è da fare qualche considerazione, sia tecnica, che di natura fondamentale. Dal lato più prettamente borsistico, il mercato di conferma "in contango", una situazione nella quale i contratti Future più distanti mostrano prezzi più alti, incorporando sia gli interessi che i costi di stoccaggio (quando c'era scarsità, l'ordine dei prezzi era invertito ed il contratto più vicino risultava più costoso). Inoltre, un allargamento dello spread rispetto ai contratti più distanti indica oggi un eccesso di offerta che si va progressivamente aggravando.

Di qui, le considerazioni più squisitamente economiche e fondamentali. Persistono, infatti, una serie di fattori che remano contro il petrolio, quali: l'aggravarsi della crisi internazionale, l'acuirsi della sindrome cinese, la fuga di capitali dalle economie Emergenti, l'apprezzamento del dollaro ed il crollo del rublo su nuovi minimi storici.

Fattori ben noti agli esperti del settore: l'ultimo report dell'Agenzia Internazionale dell'Energia stima infatti un ulteriore indebolimento del petrolio nel corso dell'anno in scia ai timori per un eccesso di offerta anche alla luce della fine delle sanzioni all'Iran. Teheran dovrebbe immettere sul mercato 300 mila barili di greggio al giorno entro la fine del primo trimestre, cosa che neutralizzerà il taglio di 600 mila MBG che i produttori esterni all'OPEC dovrebbero operare nel medesimo periodo.
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