(Teleborsa) - La
Cina sta rallentando il ritmo di crescita ma meno di quanto temuto dagli analisti.
La seconda economia al mondo ha infatti chiuso il
terzo trimestre con un
PIL in aumento del 6,9%, il tasso di espansione più lento dal 2009 al di sotto del target del Governo del 7%. Tuttavia il dato è
migliore delle stime degli economisti che prevedevano un 6,8%.
A salvare in corner il Prodotto Interno Lordo sono state la
buona performance del settore dei servizi e i
robusti consumi personali che hanno bilanciato l'indebolimento di export e manifattura.
A due colori, invece, gli altri due dati macroeconomici
clou comunicati in questo fine settimana dal
National Bureau of Statistics.
A settembre la
produzione industriale è salita del 5,7%, scalando le marce rispetto al 6,1% del mese precedente e deludendo le attese che avevano anticipato un rallentamento più soft del 6%.
Le
vendite al dettaglio sono balzate del 10,9%, accelerando leggermente il passo rispetto al 10,8% di agosto e del
consensus.
Gli
investimenti in capitale fisso, importante misura di spesa pubblica per le infrastrutture, si sono espansi del 10,3% nei primi nove mesi dell'anno, mettendo la segno il tasso di espansione più lento degli ultimi 15 anni. In questo caso il dato disattende di molto le attese che erano per un +10,8%.
Queste statistiche hanno generato
opinioni contrastanti tra gli economisti sullo stato di salute della Cina. Secondo alcuni analisti il rallentamento della produzione industriale e degli investimenti in capitale fisso potrebbe mettere in dubbio i tutto sommato positivi dati sul PIL.
Altri economisti reputano invece che il balzo delle vendite al dettaglio conferma l'elevata propensione al consumo dei cinesi mentre il declino dell'attività industriale riflette gli stessi trend di sovraccapacità che hanno spinto i prezzi in deflazione.
Il rallentamento della Cina sta condizionando pesantemente la finanza globale, preoccupata per l'impatto della minor crescita del Paese sulle altre economie.