(Teleborsa) - Dalle elezioni di ieri in Grecia,
Alexis Tsipras ne esce trionfatore anche se la conquista di 150 seggi non ha assicurato al suo partito,
Syriza, la maggioranza assoluta e la guida del governo. Alcuni sono preoccupati, altri delusi.
Tra i primi c’è il
Governatore della Bundesbank Jens Weidman che ha subito commentato le notizie provenienti da Atene, sottolineando la
necessità che la Grecia onori gli impegni assunti dai governi precedenti nei confronti della Troika. Ma le urne hanno penalizzato fortemente il partito dell’ormai ex-premier Samaras:
Nea Democratia sarebbe indietro di ben dieci punti rispetto a Syriza.
Ci sono molti invece
delusi dalle ultime uscite pubbliche di Tsipras: gli rimproverano una sorta di
progressivo accomodamento rispetto alle prime posizioni, decisamente anti-euro. Questo ammorbidimento viene considerato uno scambio, un tradimento pur di arrivare al potere.
E’ vero il contrario: era già pronta una
campagna mediatica devastante, volta a distruggere la
credibilità di Tsipras, alimentata dalle notizie relative alla
richiesta urgente di liquidità inviata alla Bce da parte di alcune grandi banche elleniche. La paura di un successo di Syriza stava già portando i
cittadini greci a ritirare i propri depositi bancari, temendo il peggio. Ha fatto benissimo
Tsipras a non cadere nel tranello, confermando che non vuole uscire dall’euro ma che
pretende un cambio completo di strategia economica.
Ormai il tappo è saltato: tutte le
grandi svolte della storia europea
passano dalla Grecia. Fu colpa della
invasione della Grecia da parte dell’Italia fascista se la Germania dovette invadere la Iugoslavia ed attaccarla da nord, disperdendo le forze che invece le sarebbero servite per prevalere sul fronte russo. Fu ancora per via della
guerra civile in Grecia, che nel
1947 si dette vita al Piano Marshall: se non fossero arrivati gli aiuti finanziari americani, anche in Grecia i comunisti filorussi avrebbero avuto la meglio. Ed ancora, nel
1967, è in Grecia che comincia la
rivoluzione conservatrice, con il regime dei colonnelli. Per finire con il
2010: è dalla “scoperta” dei
trucchi contabili del governo greco sulla reale dimensione del debito pubblico che giustifica il ritiro frenetico delle banche francesi e tedesche dalla Grecia.
Anche stavolta, tutto passa da Atene: non serve una conferenza internazionale per ristrutturare il
debito pubblico greco, una montagna che supera il
170% del PIL. Non dobbiamo scaricarcelo, gli uni sugli altri: anche l’Italia ha prestato ben 40 miliardi alla Grecia.
Dobbiamo congelare tutti i debiti pubblici determinati dalla crisi e da una demenziale politica di austerità: nel 2008, il debito pubblico italiano era del 103% del PIL. Ora è del 131% di un PIL che nel frattempo è crollato del 10%. Una politica di assurda e cieca austerità ha creato milioni di disoccupati e poveri, distruggendo centinaia di migliaia di imprese.
Ora, anche le banche stanno barcollando sotto il peso delle insolvenzeIl tappo è saltato, per tutti.