(Teleborsa) - Il petrolio non rallenta la sua caduta e continua a sfondare al ribasso tutti i supporti, a causa dell'acuirsi della crisi internazionale e per le prospettive di un accumulo di offerta che con difficoltà sarà sanato, almeno non prima che i prezzi arrivino a determinati livelli (
40 dollari al barile).
A segnare
nuovi record minimi, oggi, è il
Brent, che si è portato
sotto la soglia dei 60 dollari per la prima volta dal 2009, posizionandosi a 59,32 USD/barile, con una discesa dell'1,15%. Con questi segnali di debolezza, è atteso per il greggio del Mare dle Nord un ripiegamento sino a 58,8 dollari.
Il
Light Crude, nel frattempo, registra una flessione dell'1,86%, che rispetto alla vigilia si attesta a 54,89 dollari al barile, riconfermandosi sui minimi raggiunti la vigilia, prima che scattasse un temporaneo e parziale rimbalzo.
A zavorrare il greggio concorrono entrambi i fattori che bilanciano il mercato: l'
eccesso di offerta, che deriva anche dai grossi quantitativi riversati sul mercato dalle nuove tecniche di estrazione, e la
stagnazione della domanda, in risposta alla crisi economica globale ed ai
bruschi segnali di rallentamento della Cina.
In una situazione del genere e in "paziente attesa" di una ripresa economica, incerta sia sul come che sul dove e quanto, la strategia dell'OPEC resta essenzialmente quella di far crollare i prezzi per mettere fuori gioco i produttori meno competitivi, che sono proprio quelli che usano le nuove tecnologie di estrazione. Una guerra che conta anche molte vittime, fra cui la
Russia, che rischia il default.