(Teleborsa) - Ennesimo crollo delle quotazioni del greggio, dopo il rimbalzo perlopiù tecnico di ieri, durante le contrattazioni alla borsa di New York.
Il greggio, infatti, sconta ancora forti tensioni, in relazione alla
decisione dell'OPEC di mantenere invariato l'output ed alla
contromossa della Russia sul gas.
Il
Light Crude statunitense, rimbalzato con forza ieri a 69 dollari, è sceso nuovamente a 68,08 USD/barile, in ribasso dell'1,33%.
Stesso movimento per il
Brent, che scivola questa mattina di quasi l'1%, portandosi a 71,87 dollari al barile.
Il numero uno del FMI,
Christine Lagarde ha dichiarato che "la caduta del prezzo del petrolio è una
buona notizia per l'economia mondiale", perché "aiuterà la ripresa dell'economia USA e di molti altri paesi". La pesano diversamente, invece, altri esperti, che focalizzano l'attenzione sulla stagnazione della domanda e sugli elevati rischi deflazione.
Probabilmente il problema è ben più ampio ed ha a che fare con altri fattori, quali le politiche che verranno approntate dall'Occidente per uscire dalla spirale ribassista dei prezzi e riattivare la crescita. In questa situazione tutto ristagna ed un calo del prezzo dell'energia non fa che
acuire la spirale ribassista dei prezzi.
Intanto,
Societe Generale ha tagliato di 20 dollari l'outlook sul prezzo del greggio, portandolo a 70 dollari. Queste previsioni trovano fondamento nella decisione dell'OPEC di abbandonare una politica oligopolistica e lasciare che il mercato trovi un "bilanciamento da sé. Ciò implica che
i prezzi continueranno a scendere sino a calare al di sotto del costo di produzione dello "shale" americano, che si colloca a circa 65 dollari al barile. Solo lo sfondamento di questa soglia consentirà una immediata riduzione dell'offerta che si è porta in concorrenza con quella del cartello degli storici produttori.