(Teleborsa) - L’Italia, patria di un popolo di poeti, di artisti, di eroi, di
scienziati, di … continua ad essere nel destino del mondo. A pochi chilometri dalla Capitale, presso lo Science Park di
Pomezia, cittadina nota per essere uno dei sobborghi più popolosi di
Roma, un gruppo di scienziati italiani ha messo a punto il
metodo per creare il primo vaccino contro il virus
ebola.
L’annuncio è stato dato da
Riccardo Cortese, CEO dell’azienda
Okairos/Advent, che ha spiegato come, dopo un lavoro durato anni, siano pronte le prime dosi di vaccino
anti-ebola che saranno testate negli Stati Uniti ed in Gran Bretagna. La storia di questo antidoto è un pezzo di
storia patria, sinonimo anch'essa di fuga di cervelli e di decadenza industriale. Il centro di eccellenza italiano inizia a collaborare 5 anni fa con il National Institutes of Health degli
USA, è uno dei pochi al mondo dove è possibile trattare simili
anti-patogeni e dalla collaborazione con l'ente americano nasce il
vaccino che sarà prodotto negli stabilimenti di Pomezia e Napoli, tra i pochi capaci di sostenere tale produzione ed essere pronti a fornire oltre
10 mila dosi nei prossimi mesi.
L’italico orgoglio potrebbe be essere soddisfatto di questa buona notizia, se dietro non ci fosse la
storia dell’azienda Okairos, prototipo di tecnologia avanzata non considerata in
patria. Cortese, fondatore dell’azienda e dell’Istituto di Ricerche di Biologia Molecolare che si trova nel Science Park di Pomezia, nel 2007, inascoltato sul suolo natio, trova in Svizzera gli investitori che credono al suo progetto e consentendo ad Okairos di aprire il quartier generale in
Basilea ed i laboratori a Pomezia e Napoli. Ora l’azienda è a stelle e strisce dato che lo scorso anno la tecnologia necessaria alla produzione degli
antidoti è stata venduta all'americana
GlaxoSmithKline, che ne detiene i brevetti, realizzando così un archetipo perfetto di come si fa impresa in
Italia in mancanza di strategie e lungimiranza nazionale.