(Teleborsa) - Il
primo ministro iracheno Nouri al-Maliki ha accettato di lasciare il suo incarico e spianare la strada al suo successore designato,
Haidar al-Abadi.
La mossa conclude un
serio stallo politico e può consentire al nuovo primo ministro designato di formare un
governo più inclusivo e rappresentativo, per meglio contrastare i
militanti islamici che avanzano nel nord del Paese e per sanare le spaccature etniche e religiose che minacciano di lacerare irrimediabilmente l'Iraq.
"Al fine di facilitare il processo politico e la formazione del nuovo governo, annuncio di fronte a voi il mio ritiro dall’incarico di primo ministro", ha detto Maliki, ieri sera, in un discorso televisivo a cui era presente anche Abadi.
Durante la situazione di
stallo del governo iracheno, le forze dello Stato Islamico hanno conquistato nuove zone del nord dell'Iraq e sequestrato la grande diga vicina alla città di Mosul.
L’
amministrazione sciita di Maliki è stata accusato dalla minoranza sunnita, di non includere la loro comunità nella gestione del paese e che questo ha provocato la violenta reazione dell’etnia sunnita, confluita poi nelle formazioni armate dello "Stato Islamico".
Obama vede quindi concretizzare
la sua richiesta e cioè che qualsiasi intervento americano era legato alla formazione di un nuovo governo più rappresentativo delle minoranze irachene. "La situazione rimane disastrosa per gli iracheni, sottoposti al terrore di ISIL in tutto il paese", ha detto Obama, riferendosi al gruppo jihadista che ora si fa chiamare lo Stato islamico. "Esso comprende anche molti sunniti, sciiti, e kurdi".
La nomina di Abadi ha avuto poi l'effetto insolito, peraltro auspicato dagli Usa, del
sostegno del vicino Iran, che ha grande influenza sugli sciiti iracheni e sui diversi gruppi di miliziani sciiti.
Anche l'Unione Europea e la Lega Araba hanno sostenuto in maniera convinta la nomina di Abadi.