(Teleborsa) - L'Argentina torna a spaventare i già sfortunati detentori dei tristemente noti
Tango Bond, i titoli di Stato argentini andati in default nel 2002 e successivamente ristrutturati in due operazioni, una nel 2005 e una nel 2010.
Come noto, alla ristrutturazione aderì la quasi totalità dei risparmiatori. Ma alcuni detentori, poi denominati
holdout, decisero di pretenderne il rimborso totale dei Tango bond a suon di guerre in Tribunale rifiutandosi così di scambiare i propri titoli con altri di valore inferiore (che è, in estrema sintesi, quanto avvenuto nella ristrutturazione).
Tra questi figurano due fondi hedge:
Aurelius Capital e
Elliott Management. A novembre del 2012 arrivò la prima importante
sentenza choc di un Tribunale statunitense: Buenos Aires avrebbe dovuto rimborsare per intero i due fondi versando loro 1,3 miliardi di dollari. In caso di rifiuto i giudici avrebbero potuto addirittura decidere di inibire i pagamenti ai creditori che avevano accettato i termini della ristrutturazione, con conseguente
default dell'Argentina (un default nel default, insomma).
All'epoca la Presidente della terza economia latinoamericana,
Cristina de Kirchner, si era opposta alla decisione appellandosi alla
Corte Suprema USA. Tentativo vano: ieri sera i supremi togati hanno confermato la
sentenza di Thomas Griesa e quelle di altri Tribunali di grado minore. L'Argentina dovrà dunque dare ai due fondi quanto richiesto. Se non lo farà, saranno inibiti i pagamenti ai detentori di tango bond che accettarono la ristrutturazione.
Non solo: il pronunciamento di ieri potrebbe spingere altri holdout rimasti finora nell'ombra ad imitare Aurelius Capital e Elliott Management chiedendo il pagamento di altri 15 miliardi di dollari. Troppi per un Paese che sta lottando contro una grave crisi economica e che fa già fatica ad onorare il debito ristrutturato.
La notizia ha avuto un
effetto catastrofico sulla finanza argentina: la Borsa di Buenos Aires ha perso diversi punti percentuali, i prezzi dei bond argentini sono crollati e i prezzi dei cds ad essi abbinati (i cds,
credit default swap, sono polizze per assicurarsi da eventuali default su un particolare titolo di Stato) sono schizzati.
Si attende ora la contro mossa di Buenos Aires.