(Teleborsa) - Cosa farà la BCE se l'inflazione dovesse ristagnare nuovamente? E' la domanda ricorrente che si pongono gli economisti di tutto il mondo, nonostante la banca centrale abbia confermato a più riprese di essere focalizzata sulla stabilità dei prezzi, rientrante nel suo mandato.
Ancora una volta, la scorsa settimana, il Presidente dell'Istituto di Francoforte,
Mario Draghi, ha ribadito che la BCE è pronta ad intervenire se dovessero emergere nuove spinte deflazionistiche nell'Area dell'Euro. Eppure, la banca centrale si rivela ancor oggi sorda agli allarmi che arrivano dalla comunità internazionale, non ultimo il Fondo Monetario Internazionale, che proprio ieri l'ha
sollecitata ad intervenire a sostegno della crescita.
Il "consiglio" di
Christine Lagarde non è giunto a caso, in attesa di alcuni dati cruciali, che saranno pubblicati giovedì da Eurostat: PIL 1° trimestre e inflazione dell'Area Euro.
Se per il
PIL le stime indicano una leggera accelerazione allo 0,4% dallo 0,3% del trimestre precedente, il dato chiave sarà quello dell'
inflazione attesa stabile allo 0,7%. Sarà sufficiente questo a denotare un rischio deflazionistico? Draghi ha ribadito che il problema non è tanto nella misura, quando nella "durata nel tempo" di un tasso di inflazione ai minimi.
La verità è che i pesi e contrappesi all'interno della BCE sono in equilibrio stabile, quando la strategia è improntata a "nessun cambiamento", mentre un interventismo romperebbe uno status quo che Francoforte è incline a mantenere. E per una svolta di vuole più tempo.