(Teleborsa) - Rallenta ma non si ferma la corsa dei fallimenti delle imprese italiane, strette nella morsa della crisi e di un razionamento creditizio, con costi e strutture del lavoro caratterizzate da una grande rigidità. E' questo il quadro che emerge dall'Osservatorio trimestrale di Cerved Group sui protesti e fallimenti.
Con le 2.207 procedure aperte tra luglio e settembre 2011 (+6,6% rispetto allo stesso periodo del 2010), sono addirittura quattordici i trimestri consecutivi (dal secondo trimestre 2008) in cui si rileva un aumento delle procedure rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. I fallimenti risultano in crescita nel terzo trimestre anche su base destagionalizzata: +2,3% rispetto al periodo marzo-giugno.
Con il dato del periodo luglio-settembre, il numero dei default aperti nei primi nove mesi dell’anno si avvicina alle 9 mila unità, per un incremento pari al 9,7% rispetto allo stesso periodo del 2010. L’insolvency ratio, che misura la frequenza di fallimenti su 10 mila imprese operative, è passato da 14,2 punti (primi nove mesi 2010) a 15,3 (primi nove mesi 2011).
Con i fallimento crescono anche i concordati preventivi (+4,7% nel trimestre ma -2,8% nei nove mesi), con ripercussioni non trascurabili sui livelli occupazionali. Si stima che sono stati persi 300 mila posti di lavoro in imprese fallite.