Dobbiamo imparare dalle lezioni del passato: quella che si approssima sarà una crisi particolarmente complessa, perché si dovrà affrontare un triplice shock, sistemico, da costi delle importazioni in aumento e di restrizione monetaria.
Una situazione più grave e complessa di quelle già vissute nel '73 e poi nell'80.
L'Italia di oggi sembra divisa in tre. C'è intanto chi tace e aspetta fiducioso: è la componente rappresentata dalle
grandi e medie imprese legate ai fondi pubblici che verranno erogati con il PNRR, una goduria per pochi. C'è poi il mondo che gira attorno all'
edilizia, che marcia a pieno regime con i vari bonus, dando occupazione soprattutto al sud e nei piccoli centri, con lavori di recupero energetico, strutturale ed estetico che colmano nel breve termine il collasso terrificante che ha colpito il settore immobiliare a partire dal 2008.
Mentre le prime due componenti confidano nelle
spese pubbliche già decise, c'è la terza, che è la vera spina dorsale del sistema economico, che sta soffrendo in silenzio. Nessuno se ne fa carico: ma
il futuro dell'Italia dipende dalla piccola e media impresa, dall'agricoltura all'industria, dal commercio al comparto tecnologico, dalle imprese che comprano da tutto il mondo e che rivendono. Soprattutto il futuro industriale dell'Italia dipende dal recupero delle grandi imprese nel comparto tecnologico: è straordinariamente miope l'uso dei fondi PNRR per la trasformazione energetica e digitale, visto che, in mancanza di limiti agli acquisti dall'estero, il maggior valore aggiunto nazionale sarà nullo.
Questo sperpero di risorse pubbliche peserà drammaticamente sulla bilancia tecnologica e soprattutto sulla nostra competitività futura: da qui si capisce quale sia e sarà il grado di sudditanza alle multinazionali straniere.
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