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Directa SIM "non sottoposta a indagine". Indagato presidente Segre

Finanza
Directa SIM "non sottoposta a indagine". Indagato presidente Segre
(Teleborsa) - Directa SIM, società attiva nel trading online e quotata su Euronext Growth Milan, ha comunicato di non essere sottoposta a indagine, dopo che stamattina La Repubblica ha scritto di un'indagine per "abusivismo bancario e finanziario" che coinvolgerebbe il presidente Massimo Segre e un altro importante amministratore.

La società - si legge in una nota - "prende atto che, da documenti notificati alla società nell'ambito di un procedimento giudiziario ancora nella fase di indagini preliminari risulta indagato, presso la Procura di Torino, il presidente, presumibilmente in relazione al ruolo apicale ricoperto".

Directa SIM, insieme ai suoi amministratori, "ha garantito piena e totale collaborazione all'Autorità Giudiziaria e alle Autorità di Vigilanza e confida che emergerà nel corso delle indagini la totale estraneità del suo presidente" e precisa che "nessun altro attuale amministratore, né alcun manager o dipendente di Directa SIM, risulta allo stato indagato".

L'oggetto delle indagini giudiziarie riguarda le attività svolte in riferimento a una parte dell'operatività di Directa con clientela istituzionale, mentre la clientela privata non risulta impattata in alcun modo dalla vicenda. Pur ritenendo lecita questa operatività, il CdA - in ottica di piena tutela di tutti i soggetti interessati - ha già messo in atto un piano che consentirà la rapida cessazione dell'attività in questione. Le iniziative intraprese non influiscono sulla solidità aziendale, avendo un impatto trascurabile in termini economici sul bilancio 2023 e 2024.

Secondo quanto riferisce La Repubblica, l'indagine ha preso in esame il periodo tra il 2019 e il 2022, quando Directa SIM si sarebbe di fatto comportata da banca, attuando un'ingente raccolta di risparmi, senza poterlo però fare. Decine di banche, di medio calibro, avrebbero dato in deposito a Directa SIM i risparmi dei loro clienti e la società avrebbe poi girato quei flussi di denaro ad altri istituti di credito che si trovavano bisognosi di liquidità. Un giro di affari quantificato in oltre 800 milioni di euro. Il guadagno sarebbe derivato dalla differenza tra gli interessi passivi e quelli attivi, e il sospetto è che ci fossero provvigioni per "segnalatori di pregio".
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