(Teleborsa) - I segnali di recupero della
Grecia sono una buona notizia anche per il nostro Paese e per le nostre imprese esportatrici. Anche se presenta ancora diverse
criticità interne, le
esportazioni italiane verso Atene dovrebbero crescere a un tasso medio annuo attorno al 2% dal 2023 al 2026, con dinamiche diversificate nei singoli settori, soprattutto grazie all’erogazione di circa 30 miliardi di euro di fondi collegati a
Greece 2.0 (il piano nazionale di ripresa e resilienza greco che include 106 investimenti e 68 riforme). È quanto sostiene un approfondimento dell'Ufficio Studi di
SACE.
I
mercati finanziari sembrano premiare la stabilità politica guadagnata dal Paese e gli spunti programmatici condivisi dal premier Mitsotakis negli ultimi giorni. Le
elezioni di fine giugno hanno sancito, in maniera netta e decisa, il secondo mandato del premier uscente, nonché leader del partito conservatore Nuova Democrazia, con una reazione positiva dei mercati (il rendimento dei titoli greci è sceso ai minimi storici degli ultimi 20 anni). Tra gli
obiettivi esplicitati dal nuovo governo, dopo l’uscita dal
programma di sorveglianza rafforzata della Commissione europea l’anno scorso, c’è il recupero dell’investment grade da parte delle
agenzie di rating (al momento il Paese è BB+) e il pagamento anticipato di una parte del debito (circa €5,3 miliardi verso i Paesi europei), oltre alla
riforma della
pubblica amministrazione e a interventi mirati a migliorare la sanità e l’educazione.
Secondo le previsioni di SACE, che per il Paese (e alla luce dei dati più recenti) potrebbero anche risultare conservative, le
esportazioni italiane di beni in valore cresceranno a un tasso medio annuo attorno al 2% dal 2023 al 2026, con dinamiche diversificate nei singoli settori. Gli ampi
investimenti finalizzati principalmente alla transizione energetica e digitale previsti da Greece 2.0 in ambito infrastrutturale e non solo saranno il principale driver della domanda italiana di beni intermedi: quest’anno gomma e plastica (+2,9%), prodotti chimici (+2,7%) e metalli (+1,8%) cresceranno a un tasso superiore alla media dell’export italiano verso il Paese, con un’ulteriore spinta attesa negli anni successivi con la progressiva implementazione del piano europeo.
La ripresa della domanda interna, grazie anche al calo dell’inflazione, si rifletterà anche sulle esportazioni italiane di
beni di consumo – come emerge dalle previsioni positive per il 2023 per i settori di tessile e abbigliamento (+3,3%), di prodotti in legno (+3%) – e
agroalimentare (2,2%). Più complesso l’andamento dell’export di
beni di investimento (principalmente i macchinari, che pesano per circa il 12% dell’export italiano nel paese) che dopo un vero e proprio boom nel 2021 già dall’anno scorso scontano un fisiologico rallentamento, destinato a riprendere vigore verso il finire dell’orizzonte di previsione; a trainare le vendite italiane del comparto saranno in particolare i mezzi di trasporto (+3,1% e +4,1% rispettivamente quest’anno e il prossimo).