(Teleborsa) -
La Fed prende tempo, ma
non allenta la sua lotta contro l'inflazione, a dispetto della attese per uno stop del ciclo di normalizzazione della politica monetaria motivato dai
timori di rallentamento dell'economia e dalla
crisi finanziaria scoppiata con SVB e Signaturee Bank, che rischia di razionare il credito a famiglie ed imprese e frenare ulteriormente la locomotiva americana.
Il FOMC ha annunciato ieri un altro aumento di 25 punti base del costo del denaro, portando i tassi d'interesse di riferimento in una banda di oscillazione del 4,75-5%, al top dal 2007. Un livello che non sarà neanche il più alto, perché la
Fed già pianifica ulteriori aumenti del costo del denaro.
I
mercati americani ieri sera hanno accolto con un certo malumore le indicazioni arrivate dal FOMC e dalla conferenza stampa di Powell, con i tre indici - Dow Jones, S&P 500 e Nasdaq 100 - che
hanno ceduto circa l'1,6%. A pesare sono state soprattutto le
parole di Powell che ha mostrato una Fed leggermente più prudente, ma
determinata a combattere il suo acerrimo nemico: l'inflazione.
I mercati hanno inizialmente ben accolto l'aumento dei tasi di un quarto di punto e l'affermazione che la
Fed è stata sul punto di sospendere i futuri aumenti dei tassi a causa delle turbolenze nel settore bancario. Poi, Wall Street ha di nuovo virato al ribasso, accogliendo con malumore l'affermazione che la
Fed non ha le mani legate e continuerà ad alzare i tassi se necessario. Il Presidente Powell ha ribadito la validità della sua crociata contro l'inflazione, anche a dispetto del doppio danno che le turbolenze del settore bancario creeranno all'economia.
Gli investitori temono ancora le
ripercussioni di una politica restrittiva sulla crescita economica ed in particolare una caduta in recessione, che sarebbe anche più probabile nel caso la
crisi finanziaria si aggravasse, provocando una
stretta creditizia (credit crunch) con implicazioni "significative" sull'economia, attraverso la frenata degli investimenti e della spesa privata.
Gli economisti della Fed in effetti hanno anche
rivisto al ribasso le stime di crescita del PIL per il 2023 e il 2024, indicandole rispettivamente a +0,4% e +1,2%. Il tasso di disoccupazione è atteso al 4,5%.
A questo punto l'attenzione si sposta sui dati, soprattutto quelli del mercato dle lavoro, che daranno un segnale importante su come si muoverà l'economia a stelle e strisce.
(Foto: Salvatore Cavalli)