(Teleborsa) - "Morselli e Mittal via da Taranto". Operai, sindacati e imprenditori – oltre seimila, secondo le organizzazioni sindacali – hanno sfilato in migliaia, attorno al perimetro dello stabilimento
ex Ilva di Taranto per chiedere al governo di estromettere la multinazionale dalla compagine societaria di Acciaierie d'Italia e assumere il controllo dello stabilimento.
ArcelorMittal detiene il 62% delle quote, mentre
lnvitalia è in minoranza con il 38%. Tra i soci non c'è accordo sulla ricapitalizzazione e l'acquisto degli asset e diventa sempre più probabile il ricorso all'amministrazione straordinaria. La
mobilitazione è stata organizzata dalle sigle metalmeccaniche, che denunciano il progressivo spegnimento degli impianti.
Secondo le organizzazioni sindacali c'è "il rischio molto concreto di chiusura dello stabilimento" per una "volontà ben precisa dell'amministratore delegato (
Lucia Morselli, ndr), espressione di fatto di ArcelorMittal". Per questo chiedono, nell'iter di conversione dell'ultimo decreto che riguarda l'ex Ilva, di "trovare le opportune garanzie a tutela dei lavoratori e dei crediti delle imprese" e per la "salvaguardia ambientale, occupazionale e industriale". Il governo, sostengono le sigle metalmeccaniche, deve innanzitutto "cacciare la multinazionale responsabile di un disastro sociale ed economico". Da giorni
Fim, Fiom, Uilm e Usb denunciano il
progressivo spegnimento degli altoforni (attualmente è in funzione solo il numero 4), tanto che i commissari hanno chiesto ad AdI notizie urgenti sullo stato degli impianti e annunciato di voler fare un'ispezione in fabbrica.
All'iniziativa hanno aderito anche l'
Ugl Metalmeccanici e le
associazioni datoriali Aigi, Casartigiani e Confapi Industria. I manifestanti sono partiti dalla portineria imprese del siderurgico per toccare prima la portineria dei tubifici, poi la portineria C, dove si sono uniti i lavoratori dell'indotto, tra i quali i trasportatori di Casartigiani con i loro tir, per andare successivamente sulla statale Appia verso la direzione di stabilimento. In testa al lungo serpentone c'erano gli operai di Acciaierie d'Italia, di Ilva in As e dell'indotto e i delegati sindacali che hanno mostrato bandiere e striscioni, acceso fumogeni e scandito slogan. A manifestare c'erano anche gli imprenditori dell'indotto, che lamentano il mancato pagamento delle fatture scadute e temono di perdere crediti per oltre 130 milioni di euro, così come accadde nel 2015 quando l'Ilva fu commissariata.
Il governo sta valutando una serie di provvedimenti a tutela delle imprese, ma secondo Aigi le misure di prededucibilità preannunciate "non sono attuabili essendo AdI una società priva di asset".
Entro il primo febbraio è attesa una risposta alla lettera che Invitalia ha indirizzato, il 17 gennaio, ad Acciaierie d'Italia holding e Acciaierie d'Italia, che a sua volta aveva presentato istanza alla Camera di commercio di Milano per la composizione negoziata, chiedendo la verifica dei presupposti per avviare le procedure che portano all'amministrazione straordinaria. Se non dovesse arrivare, il governo potrà comunque agire. Nel frattempo si susseguono le interlocuzioni per trovare nuovi soci privati. Ma prima c'è da chiudere, possibilmente senza contenziosi, la partita con ArcelorMittal.