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Sanità: 14 milioni di italiani hanno rinunciato a curarsi nell'ultimo anno

Oltre 2,4 milioni hanno dovuto cambiare regione per curarsi. Quasi 3 mesi il tempo medio di attesa nella sanità pubblica: 335 euro la spesa media per ciascun approfondimento specialistico privato

Economia, Salute e benessere
Sanità: 14 milioni di italiani hanno rinunciato a curarsi nell'ultimo anno
(Teleborsa) - Nell'ultimo anno 1 italiano su 3 (vale a dire quasi 14 milioni di individui) ha rinunciato ad una o più cure mediche, percentuale che arriva addirittura a 37,5% al Sud e nelle Isole. Fra chi ha scelto di non curarsi, il 64% lo ha fatto a causa dei tempi di attesa troppo lunghi, il 60% per via del costo elevato. È quanto emerge dall'indagine commissionata da Facile.it agli istituti mUp Research e Norstat. Tra coloro che hanno rinunciato a esami, visite e operazioni, le frequenze maggiori si sono riscontrate per l'oculistica (36%), la dermatologia (35,6%) e l'odontoiatria (35,5%), ma non manca chi ha scelto di non curarsi anche in aree mediche come la ginecologia (25%) o la cardiologia (26%).



I tempi di attesa – Numeri così alti non sorprendono se si considera che, come dimostrato dallo studio, chi nell'ultimo anno si è curato solo attraverso il SSN ha affrontato, in media, liste di attesa di circa 77 giorni, valore influenzato certamente anche dalla scarsità di personale medico nelle strutture pubbliche. Liste d'attesa che tendono ad allungarsi fino a quasi raddoppiare a seconda dell'area geografica e della specializzazione richiesta. Proprio a causa dei tempi così dilatati 14 milioni di italiani hanno dichiarato di essersi rivolti ad una struttura privata; chi ha fatto questa scelta si è dovuto confrontare, in media, con liste di attesa non di 77 giorni bensì di circa 15 giorni.

I costi – Molti italiani (circa 8,3 milioni) hanno rinunciato nell'ultimo anno a una o più cure mediche per ragioni economiche, un dato che non sorprende analizzando i costi della sanità privata messi in luce dall'indagine; chi si è curato in una struttura a pagamento ha detto di aver speso, in media, 335 euro per ciascun approfondimento specialistico (valore che arriva a sfiorare i 400 euro nelle regioni del Centro Italia) e che va moltiplicato per il numero dei componenti della famiglia che hanno dovuto fare ricorso a una o più spese mediche. Gli importi medi pagati dai pazienti sono stati sensibilmente diversi anche a seconda dell'area specialistica: si va dai 117 euro per gli esami del sangue ai 144 euro per la ginecologia; dai 210 euro per la dermatologia ai 610 euro per la chirurgia generale e 716 euro per l'odontoiatria. Per far fronte a questi costi il 77% degli intervistati ha utilizzato i propri risparmi e appena il 20% ha potuto usufruire di un'assicurazione sanitaria; se si continuano a leggere i risultati dell'analisi, si scopre che il 15% del campione ha dovuto chiedere un sostegno economico ai familiari e il 5% si è rivolto ad una banca o una società finanziaria.

"Anche se in Italia possiamo contare su un sistema sanitario nazionale gratuito, avere un'assicurazione salute può essere uno strumento di grande utilità soprattutto perché, come evidenziato anche dall'indagine, per ottenere cure in tempi brevi spesso si è costretti a rivolgersi a strutture private – spiega Andrea Ghizzoni, Managing Director assicurazioni di Facile.it –. Il consiglio, quando si è alle prese con la scelta di questo tipo di assicurazione, è di verificare i fascicoli informativi e valutare con attenzione le prestazioni sanitarie garantite e quelle escluse, tenendo in considerazione, ad esempio, che le patologie preesistenti al momento della sottoscrizione normalmente non sono coperte dalla polizza".

Cambiare regione per curarsi – L'indagine ha messo in luce anche un altro fenomeno; nell'ultimo anno oltre 2,4 milioni di persone hanno dovuto cambiare regione per sottoporsi a esami, visite o interventi. Sebbene il fenomeno sia stato rilevato in tutto il Paese, sono le aree del Centro Italia quelle dove la percentuale di chi ha cambiato regione per curarsi è più alta (11,5% rispetto al 7,4% rilevato a livello nazionale). Le regioni verso cui ci si è spostati con più frequenza per ricevere cure sono il Lazio (27%), la Lombardia (19%), l'Emilia-Romagna (15%) e il Veneto (11%).
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