(Teleborsa) - La Commissione europea ha accolto con favore la
rapida intesa raggiunta ieri tra
Parlamento europeo e Consiglio Ue sulla Legge sui mercati digitali (Digital Markets Act, Dma). Il regolamento, approvato poco più di un anno dopo la presentazione della proposta (nel dicembre 2020), è tra le prime iniziative di questo tipo a regolamentare in modo completo il potere di
“gatekeeper” (guardiani dell’accesso) delle più grandi
aziende digitali.
I
"gatekeeper" a cui si applicherà il regolamento
sono i principali fornitori dei servizi di piattaforme di base più inclini a ricorrere a pratiche sleali, come i motori di ricerca, i social network o i servizi di intermediazione online. Sono “imprese che spesso creano strozzature tra aziende e consumatori e talvolta controllano anche interi ecosistemi, costituiti da diversi servizi di piattaforma come
mercati online, sistemi operativi, servizi cloud o motori di ricerca online”, spiega la Commissione in una nota.
Questi
guardiani dell’accesso al mercato digitale, individuati e designati in base a determinate soglie quantitative, saranno soggetti a una serie di obblighi e divieti definiti dal regolamento, in riferimento alle pratiche di mercato più sleali, che spesso creano o rafforzano barriere per altre imprese. L’obiettivo generale è quello di garantire l’accesso della concorrenza ai servizi digitali controllati dai “
gatekeeper”.
L’accordo politico raggiunto dai negoziatori di
Parlamento europeo e Consiglio Ue dovrà ora essere approvato formalmente dei due co-legislatori. Una volta adottato, il
regolamento DMA sarà direttamente applicabile in tutta l’Ue e si applicherà sei mesi dopo l’entrata in vigore.
"L'intesa sulla legge sui mercati digitali (DMA)
segna una pietra miliare. Questa legge crea infatti uno spazio economico più equo e competitivo per le imprese europee, stimola l'innovazione e la contendibilità nei mercati digitali, favorisce la condivisione del valore tra i diversi soggetti che partecipano all'economia digitale e aumenta le possibilità di scelta dei consumatori e dei cittadini europei". Così in una nota il Ministro per la Transizione digitale,
Vittorio Colao. "L'Italia - aggiunge - si è battuta per l'introduzione di obblighi e divieti asimmetrici e abbiamo ottenuto che ad essere qualificati come gatekeeper siano le piattaforme che offrono uno o più servizi di intermediazione di base in almeno tre stati membri, come
marketplace e app store, motori di ricerca, social network, servizi cloud e servizi pubblicitari".
"Ci
siamo spesi per garantire che gli
obblighi introdotti fossero proporzionati - prosegue. Dall'obbligo di garantire agli utenti il diritto di disdire l'abbonamento ai servizi della piattaforma principale a quello di non richiedere
software di default all'installazione del sistema operativo, da quello di interoperabilità delle funzionalità di base dei servizi di messaggistica istantanea a quello di accesso equo da parte degli sviluppatori di
app alle funzionalità supplementari degli smartphone, da quello di garantire ai venditori l'accesso ai propri dati di
marketing o di performance pubblicitaria sulla piattaforma a quello di informare la
Commissione europea delle loro acquisizioni e fusioni".
"Anche sui
divieti abbiamo chiesto che fossero i precedenti europei ad indirizzarci - aggiunge il Ministro -: il risultato è che i gatekeeper non potranno classificare i propri prodotti o servizi preferendoli a quelli degli altri
(self-preferencing), non potranno riutilizzare i dati privati raccolti durante un servizio ai fini di un altro servizio, nè potranno stabilire condizioni inique per gli utenti commerciali o
preinstallare certe applicazioni software o richiedere agli sviluppatori di app di utilizzare determinati servizi (ad esempio sistemi di pagamento o fornitori di identità) per essere elencati negli app store".
"Con il
DMA - conclude Colao - vince tutta
l'Europa e l'Italia, dove abbiamo anche proposto l'introduzione della presunzione di dipendenza economica delle nostre piccole e medie imprese che utilizzano servizi di intermediazione forniti da una piattaforma digitale con ruolo determinante.
E' importante infatti permettere alle tantissime aziende italiane di potersi tutelare - a costi sostenibili - se nei loro confronti venissero applicate condizioni discriminatorie o scorrette. Al contempo si deve continuare a permettere alle piattaforme di fornire le evidenze in loro possesso che
dimostrano che non discriminano. Una scelta che sta ora al Parlamento".