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Vendite al dettaglio, Associazioni Consumatori: "Consumi in calo. Pesa l'inflazione"

Drastico calo del settore alimentare

Economia
Vendite al dettaglio, Associazioni Consumatori: "Consumi in calo. Pesa l'inflazione"
(Teleborsa) - A maggio, secondo l'Istat, le vendite in valore al dettaglio salgono dello 0,7% rispetto al mese precedente e del 3% su base annua. E le associazioni dei consumatori insorgono. "I dati sulle vendite al dettaglio diffusi oggi dall'Istat dimostrano ancora una volta l'impatto devastante di caro-prezzi e inflazione sulla spesa degli italiani, con le famiglie che cambiano fortemente le proprie abitudini, acquistando sempre meno ma spendendo sempre di più. Anche a maggio le vendite registrano l'ennesimo crollo verticale in volume, con una contrazione su base annua del -4,7% a fronte di un aumento in valore del 3%. Questo significa che, al netto dell'inflazione e considerata la spesa per consumi delle famiglie, gli acquisti calano in volume per complessivi 35,5 miliardi di euro annui, pari in media a -1.375 euro su base annua a famiglia". È il quadro tracciato dal Codacons alla luce ai dati sulle vendite al dettaglio diffusi oggi dall'Istat.

"I prezzi ancora a livelli elevatissimi per beni primari come alimentari e carrello della spesa incidono sulle vendite al dettaglio e sulle abitudini degli italiani, che si riversano in massa presso i discount alimentari, esercizi che segnano un incremento record delle vendite del +11% a maggio – commenta il presidente del Codacons Carlo Rienzi –. Il Governo deve intervenire con urgenza adottando misure volte a calmierare i listini, tutelare il potere d'acquisto degli italiani e salvare i bilanci delle famiglie".

Uno scenario che anche per Confcommercio è caratterizzato da un quadro incerto e da consumi che restano deboli. Dati, quelli diffusi dall' Istat – rileva Confcommercio – non positivi "se si guarda al confronto annuo in termini di volumi, che va letto però anche alla luce del deterioramento che si osservava da alcuni mesi su questo versante: infatti, dopo quattro mesi le vendite in quantità sono tornate a mostrare una variazione congiunturale debolmente positiva, elemento che potrebbe preludere all'inizio di un periodo meno negativo, favorito anche dal rientro delle dinamiche inflazionistiche". Per gli alimentari – prosegue Confcommercio - soprattutto quelli venduti presso le aziende di minori dimensioni, "la domanda evidenzia però ancora importanti cadute in termini di volumi. Analogamente per l'abbigliamento e le calzature, su cui ha inciso anche una stagione meteorologicamente non favorevole, i consumi si confermano in netto ridimensionamento. Il quadro complessivo – conclude Confcommercio - rimane, dunque, di difficile interpretazione e, per adesso, privo di una direzione chiara. L'idea prevalente è che il 2023, dopo un primo quarto favorevole, procederà a ritmi molto lenti, sempre sul crinale di un moderato, ma doloroso, rischio di recessione. Qualora, in assenza di impulsi positivi sul versante della produzione industriale, si dovesse indebolire la spinta propulsiva derivante dal turismo e dai servizi, nelle more di una piena attuazione del PNRR, ne potrebbe risentire gravemente anche il mercato del lavoro".

Per il presidente dell'Unione Nazionale Consumatori, Massimiliano Dona, il calo dei consumi è "un effetto ottico dovuto all'inflazione". "Se, infatti, – prosegue Dona – si scorpora il rialzo dovuto all'inflazione, gli italiani sono sempre costretti a tirare la cinghia e a fare una dieta forzata. Le vendite alimentari in volume, infatti, calano sia su aprile 2023, -0,5%, sia su maggio 2022, -3,8%, una riduzione, quella tendenziale, che dura orami ininterrottamente da gennaio 2022, una cura dimagrante cronica, nefasta per il Paese. Le famiglie sono costrette, per poter mangiare, ad andare nei discount, abbandonando le marche a cui erano abituati". Secondo lo studio dell'associazione, le vendite alimentari in volume scendono del 6,3% su maggio 2021 e del 6,5% persino su maggio 2020, mese di pandemia e lockdown. "Traducendo in euro il calo dei volumi consumati su maggio 2022, le spese alimentari per una famiglia media – conclude Dona – scendono su base annua di 214 euro a prezzi del 2021, quelle non alimentari di 837 euro, per un totale di 1051 euro. Una coppia con 2 figli acquista 292 euro in meno di cibo e 1154 euro di beni non alimentari, per una cifra complessiva di 1446 euro".

A rilevare un drastico calo per il settore alimentare è anche Assoutenti che rinnova la richiesta al Governo un paniere di beni a prezzi calmierati per tutelare i redditi delle fasce meno abbienti e sostenere la spesa. "Al netto inflazione spesa per cibo e bevande scende di 292 euro annui a famiglia. Subito paniere a prezzi calmierati per sostenere consumi I dati sulle vendite al dettaglio di maggio dimostrano ancora una volta come l'emergenza prezzi stia modificando profondamente le abitudini delle famiglie italiane – afferma Assoutenti –. Il segnale più allarmante che arriva dal commercio è quello relativo agli alimentari, settore che in volume registra un drastico calo delle vendite del -3,8% su base annua, a fronte di una spesa per cibi e bevande che sale di oltre il doppio (+7,7%). Questo significa che, al netto degli effetti dell'inflazione, una famiglia con due figli taglia la spesa alimentare in media per 292 euro annui. Su commercio e consumi pesa il caro-prezzi e l'inflazione altissima sui beni primar. Per questo chiediamo al Governo di studiare assieme alle associazioni dei consumatori, i produttori, la Gdo e gli enti locali, un paniere di prodotti da vendere sul territorio a prezzi calmierati, in modo da aiutare non solo le famiglie alle prese con la spesa quotidiana, ma anche il comparto del commercio".

Contro i consumi in calo per la CNA sono necessario misure per contenere l'inflazione. "Invece di ripartire i consumi indietreggiano anche a maggio, registrano le stime Istat sulle vendite al dettaglio. Mentre l'inflazione svuota i portafogli degli italiani" afferma la CNA. "In soldoni, – prosegue la CNA – significa che le famiglie italiane, alle prese con l'inflazione, sono costrette a spendere di più per riempire di meno il classico carrello.Non va meglio la situazione in Europa dove Eurostat (l'equivalente europeo dell'Istat) ha rilevato un calo nei consumi su base annua pari al 2,9%. È sempre più evidente pertanto – sottolinea la CNA – la necessità di intervenire rapidamente sull'inflazione sia in Italia sia in Europa cercando misure per contenere i prezzi, che diminuiscono troppo lentamente, anche per evitare l'innescarsi della spirale perversa prezzi alti e costo del denaro più caro, letale per le famiglie alle prese con i mutui e per le imprese costrette a finanziarsi".


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