(Teleborsa) - Con
l'acquisito del 9,2% di
Banco BPM da parte di
Crédit Agricole si è riacceso il focus sul
risiko bancario italiano, anche se i francesi per ora parlano di partnership e della volontà di non superare il 10%, e sullo
shopping delle società d'oltralpe sul territorio italiano, con gli imprenditori e la finanza francese che negli ultimi 20 anni hanno messo le mani su innumerevoli gioielli italiani, senza che il flusso di capitali e d'influenza sia stato reciproco.
Nel campo del
lusso sono passati sotto il controllo francese, tra gli altri, Fendi, Bulgari, Loro Piana, Pomellato, Gucci (confluiti in conglomerati come
LVMH e
Kering, che non hanno mai avuto corrispondenti in Italia). L'
industria ha visto
EDF acquistare
Edison e Lactalis rilevare Parmalat. Lasciando da parte
Telecom Italia, una partita molto complessa dove comunque l'azionista più rilevante è
Vivendi di Vincent Bolloré, bisogna invece sottolineare come i deal che hanno coinvolto Luxottica e Fiat abbiano avuto come risultati delle
alleanze che tendono verso Parigi (con la costituzione di
EssilorLuxottica e
Stellantis).
L'acquisto di BNL da parte di BNP ParibasNel campo della finanza, a parte il passaggio di Borsa Italiana all'interno del gruppo
Euronext, i due protagonisti dello shopping in Italia sono Credit Agricole e
BNP Paribas. Quest'ultimo è presente in Italia dal 1967 come BNP e dal 1979 come Paribas, ma ha consolidato la sua presenza nel paese con
l'acquisto di BNL nel 2006 che, a seguito del processo d'integrazione, presidia oggi l'attività di banca commerciale. La struttura proprietaria della Banca Nazionale del Lavoro ha subito diversi cambiamenti, ma alla fine il controllo è stato acquisito dai francesi, che hanno finalizzato l'operazione dopo il
fallimento di due tentativi di acquisizione, attraverso un'offerta pubblica di acquisto (OPA) da parte del Banco de Bilbao, già azionista di riferimento della banca, e da parte di
Unipol.
Lo shopping di Crédit Agricole nel centro-nordIl blitz non concordato di Credit Agricole su Banco BPM fa tornare alla mente quanto fatto su
Credito Valtellinese dal gruppo francese guidato in Italia da Giampiero Maioli. In quel caso Crédit Agricole comprò una quota del 5% nel luglio 2018, nell'ambito di una partnership a lungo termine nel settore delle assicurazioni sulla vita, per poi arrivare ad un'OPA tre anni dopo, nel 2021.
Il cambio di passo del gruppo francese in Italia risale però a metà degli anni 2000. In particolare, nel 2007 Banca Intesa cedette per motivi di antitrust (in seguito alla fusione con Sanpaolo IMI) il controllo di
Cariparma e di
FriulAdria a Crédit Agricole. Il passo successivo arrivò nel 2010, quando un accordo con
Intesa Sanpaolo portò alla cessione al gruppo Cariparma-FriulAdria dell'80% della
Cassa di Risparmio della Spezia.
Nel 2017 Crédit Agricole Italia perfezionò l'acquisto, dal Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi, di Cassa di Risparmio di
Cesena, Banca Carim - Cassa di Risparmio di
Rimini e Cassa di Risparmio di
San Miniato.
L'allarme del Copasir La presenza straniera sul settore bancario e assicurativo è stata oggetto di una relazione del Copasir di fine 2020. Il documento del Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica ha sottolineato che "le influenze e gli interessi che grandi imprese ed altri soggetti possono proiettare sulle dinamiche economico-finanziarie interne rappresentano
un fattore potenzialmente rischioso non solo in relazione a ricadute sul versante sociale, industriale e occupazionale, ma anche con riferimento alle
possibili minacce agli interessi nazionali".
La relazione del Copasir ha posto l'attenzione in modo diretto anche su Unicredit, con il CEO francese Jean Pierre Mustier che però nel frattempo ha lasciato il posto ad Andrea Orcel. Il comitato ravvisava "negli ultimi anni alcune
iniziative apparentemente volte ad affrancare la banca dall'Italia. In tal senso potrebbero essere infatti inquadrate le operazioni di cessione di UniCredit di alcuni "gioielli italiani", quali
Fineco e Pioneer, ovvero la riduzione del portafoglio di BTP".
La normativa sul golden powerAd inizio pandemia, in un momento in cui le quotazioni di borsa erano crollate, rendendo alcune società prede più facili per capitali stranieri, il governo italiano ha
allargato la normativa sul golden power. Il DL 8 aprile 2020 ha rafforzato la disciplina dei poteri speciali nei settori di rilevanza strategica, ampliando l'ambito di intervento anche ai
settori bancario e assicurativo.
Con le incertezze causate dalla guerra in
Ucraina, il governo sarebbe pronto a imprimere una nuova stretta alla normativa. "In un momento di fortissima tensione e incertezza internazionale, il
delicato equilibrio tra l'esigenza di attrarre capitali stranieri e quella di mantenere il controllo su operatori strategici in alcuni settori economici vitali va perseguito ridefinendo alcuni aspetti e al contempo assicurando una maggiore adeguatezza delle strutture amministrative preposte", ha detto alcune settimane fa il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Roberto Garofoli.