(Teleborsa) - Vendita, spezzatino, fallimento. Sono queste alcune delle
ipotesi aperte per Alitalia dopo il "no" dei dipendenti al'accordo azienda-sindacati. Comunque vada lo Stato dovrà metter mano al portafoglio, almeno per assicurare un
prestito ponte di 300-400 milioni v
olto ad assicurare la sopravvivenza per circa sei mesi, durante i quali la compagnia sarà commissariata.
Per la compagnia di volo si prospetta ora solo
la strada al commissariamento, alternativa all'ipotesi di ricapitalizzazione, dato che i soci avevano condizionato il loro intervento (un'iniezione di circa 2 miliardi di euro) all'accordo con i rappresentanti dei lavoratori.
I tre principali azionisti, il vettore emiratino
Etihad (giunto nell'estate 2014),
Unicredit e
Intesa Sanpaolo non sono riusciti a tirare fuori dalle secche Alitalia, che dal 2009 (anno della sua privatizzazione) non ha mai chiuso un bilancio in utile ne' tanto meno in pareggio. Il vettore di Abu Dhabi, poi, non è riuscito mai a far decollare le trattative riservate con Lufthansa, che mirava al controllo di Alitalia con un investimento a buon mercato.
Un piano "b" non era previsto e, dunque, non è rimasto che percorrere la strada del commissariamento. Il Consiglio di Amministrazione ha avviato le procedure di legge e convocato un'
assemblea dei soci, indetta per domani ma più probabile in seconda convocazione il
2 maggio prossimo, mentre è stato rinviato a data da definire l'incontro al MISE convocato nei giorni scorsi e previsto per oggi, 26 Aprile.
Nel frattempo è stata
garantita l'operatività dei voli e, per assicurare la liquidità nei prossimi sei mesi all'azienda commissariata, il Governo punta ad ottenere un
prestito ponte dalla UE.
"Non ci sono le condizioni per una nazionalizzazione di Alitalia", ha ribadito oggi il Premier Paolo Gentiloni, dicendosi deluso e preoccupato di quanto accaduto.
"La cosa più plausibile è che si vada verso un breve periodo di amministrazione straordinaria che si potrà concludere nel giro di 6 mesi o con una
vendita parziale o totale degli asset di Alitalia oppure con la
liquidazione", ha precisato il ministro dello Sviluppo economico
Carlo Calenda, sottolineando che l'obiettivo è "non creare disservizi ai viaggiatori e ridurre al minimo i costi per i contribuenti".
Entrambe le ipotesi non piacciono ai sindacati, come rimarcato dalla leader della Cisl,
Annamaria Furlan, che in una intervista al TG3 ha dichiarato:
"spezzatino o liquidazione sarebbe la fine della compagnia"., ammettendo che per il sindacato è arrivato anche il momento di fare autocritica.
"No, non me l'aspettavo", ha commentato a freddo il ministro Calenda in una intervista a Mix24 di Giovanni Minoli, su Radio 24, aggiungendo che "il management operativo ha sbagliato moltissimo, anche con una certa dose di arroganza, ma questo non vuol dire che ci sia la possibilità di tornare ad un management pubblico che non mi pare abbia fatto meglio nel corso degli anni".