(Teleborsa) -
Le turbolenze presenti sui mercati globali non fermano gli speculatori, che continuano a
vendere a piene mani il petrolio e le altre commodities, eccetto
l'oro che torna a rivestire il carattere di "bene rifugio per eccellenza", al di là della bassissima inflazione ed in risposta alla crisi delle borse mondiali.
Il petrolio ha ormai bucato la soglia dei 27 dollari al barile, con il contratto di marzo sul
Light crude che scambia stamattina in ribasso del 2,7% a 26,721 dollari. Più alto il prezzo del
Brent, anche perché il nuovo contratto di aprile segna un valore superiore ai 30 dollari.
Ad alimentare le vendite sono sempre le
preoccupazioni di un eccesso di offerta e di scorte, confermati negli ultimi giorni dal
report mensile dell'AIE e dal consueto
report settimanale dell'EIA sulle scorte americane. A questo si aggiunge un certo
pessimismo sull'andamento dell'economia mondiale.
Più complessa la situazione dell'
oro che, normalmente, sale in misura proporzionale al crescere dell'inflazione. Ma oggi
l'inflazione è tenuta bassa "artificialmente" dalle politiche accomodanti delle banche centrali (
forse anche la Fed fermerà i tassi), ma risente soprattutto dell'
effetto depressivo dei prezzi dei beni energetici, causato dal tracollo del prezzo del petrolio.
L'unico
driver del rialzo dell'oro, che
oggi balza del 2,24% a 1.223,45 dollari l'oncia, è costituito dal
crescere dell'avversione al rischio degli investitori, spaventati dal panic selling che ha investito le borse. In più,
gioca a favore un effetto valutario, rappresentato dal
deprezzamento del dollaro, che ha spinto l'euro oltre la soglia di 1,13 USD.