(Teleborsa) - La
riforma della scuola varata marzo potrebbe avere vita molto breve.
La
Regione Veneto ha deciso di presentare
ricorso alla Consulta contro "La buona scuola" (tecnicamente nota come Legge 107/15) perché sarebbe
lesiva dell’autonomia amministrativa della Regione, in particolare perché la
scavalcherebbe su competenze esclusive come formazione professionale e dimensionamento della rete scolastica.
E presto
potrebbero fare altrettanto anche altre regioni, ad iniziare dalla Lombardia, ma anche la Calabria e la Puglia, mentre
prendono quota le iniziative popolari di raccolta firme per arrivare al referendum, sempre per incompatibilità analoghe.
Ma gli
elementi ad alto rischio di incostituzionalità sono molti di più: la
chiamata diretta dei docenti, la
nuova figura del preside-sceriffo, il
blocco degli stipendi e il
piano straordinario di immissioni in ruolo che lascia vivo il precariato e costringe migliaia di precari ad essere assunti fuori regione oppure a non presentare domanda per non rischiare l’epurazione, rileva l'Anief.
Il sindacato ricorda che "tutto ciò era stato ben evidenziato dalla commissione Affari Costituzionali del Senato" ma anche (e più volte) dallo stesso Presidente Anief,
Marcello Pacifico, nelle audizioni a Montecitorio e Palazzo Madama.
A sostenere l'incostituzionalità della riforma dell'istruzione anche numerosi giuristi ed esperti quali Alberto Lucarelli, docente ordinario di Diritto Costituzionale all’Università di Napoli Federico II, secondo il quale bisognava "dare al Parlamento ed alle opposizioni il diritto di svolgere il proprio ruolo, costituzionalmente garantito, ed in particolare di esprimersi su una serie di questioni di dubbia costituzionalità".