(Teleborsa) - Con la
Buona Scuola è in arrivo una piccola “
rivoluzione” per l’accoglienza e l’istruzione dei bimbi fino a sei anni.
Il Governo sarebbe pronto a far cadere le attuali "
barriere tra nidi e materne" introducendo un nuovo modello formativo con l’
infanzia scolastica che “non avrà più censure: andrà tra zero e sei anni, ininterrottamente”. L’obiettivo dell’esecutivo, contenuto nei
decreti prossimi all’approvazione in CdM, prevede che il nido “non sia più un servizio a domanda individuale, di carattere sociale. Sarà un servizio generale, di carattere educativo. Tutto viene incardinato sotto la responsabilità unica del Ministero dell’Istruzione”.
La gestione, però, rimarrà dei Comuni e il Miur farà da supervisore.
Tuttavia, secondo l'
Anief, la vera riforma sarebbe stata quella di anticipare la scuola dei bambini, dando finalmente a tutti loro la possibilità di fruire dei servizi sociali fondamentali, oggi distribuiti in modo gravemente diseguale da Nord a Sud perché dipendenti dagli Enti Locali messi in ginocchio dai tagli.
In tal modo, secondo il sindacato della scuola, "
anticipando a 5 anni l’inizio della didattica e coprendo con l’obbligo formativo tutti i cicli scolastici,
si eleverebbe di sicuro la presenza di giovani sui banchi". Senza incidere nella spesa dello Stato, "si ridurrebbero infatti gli
abbandoni" che si concretizzano, in prevalenza, tra i 15 e i 18 anni: un
problema drammatico soprattutto nel Mezzogiorno, perché più di uno studente su dieci lascia proprio in quella fascia di età.
“Portando l’obbligo scolastico a 13 anni – spiega
Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir - si permetterebbe ai nostri bambini di poter essere guidati prima nella sempre più difficile gestione del flusso sempre più esteso di informazioni e stimoli esterni. E successivamente, facendoli a stare a scuola fino ai 18 anni, come accade in molti Paesi UE, si riuscirebbe finalmente a realizzare un’
azione di contrasto contro quei sempre più crescenti numeri sui giovani tra i 15 e i 29 anni che non studiano e non lavorano: un ‘esercito’ che si allarga di mese in mese, con
oltre 2 milioni 250 mila ragazzi, uno su quattro, sottratti ormai stabilmente a formazione e impiego”.