(Teleborsa) - Gli insegnanti si aggiudicano un triste primato, quello di essere i
dipendenti più stressati della Pubblica Amministrazione, stando anche all'
escalation delle domande di inabilità al lavoro. È quanto emerge da un ampio studio commissionato dall'
INPDAP, secondo il quale le domande sarebbero triplicate rispetto al 2013.
Partendo dall'analisi degli accertamenti sanitari, lo studio ha operato un confronto tra varie categorie di dipendenti pubblici (docenti, impiegati, personale sanitario, operatori ecc), arrivando alla conclusione che "chi sta dietro la cattedra è particolarmente esposto al rischio di incorrere nella
sindrome di burnout, che porta ansia, esaurimento, panico, irritabilità, agitazione, senso di colpa, ridotta autostima".
I motivi? Innanzi tutto, il rapporto con studenti e genitori, le classi numerose, il lungo precariato, l'incertezza normativa, la
retribuzione insoddisfacente e la scarsa considerazione dell'opinione pubblica. Ma, a complicare le cose è subentrata anche la
Riforma Fornero che, obbligando i docenti a rimanere in servizio fino a 67-68 anni, ha creato una situazione di panico generalizzata.
Il logorio della professione è, dunque, un dato certo, che coinvolge molti più docenti di quanto si pensi: le ultime stime svolte su scala nazionale indicano almeno un
3% di docenti (25mila) sofferenti di
patologie psichiatriche croniche ed un
altro 10% (80mila) che mostra segni palesi di
stanchezza e depressione. Ed i 100mila prof che già soffrono di disagio psichico, stanchezza e depressione sono destinatati a lievitare ancora...
Di fronte a questi dati inequivocabili non si può continuare a far finta di nulla, sottolinea
Marcello Pacifico, presidente Anief-Confedir, ribadendo uno "svecchiamento" della professione con il riconoscimento della cosiddetta "Quota 96" a circa 4mila insegnanti e con l'introduzione della figura del prof 'senior'.