E’ del tutto inutile, lo andiamo ripetendo da anni, pensare di risolvere i problemi dell’economia italiana aumentando il deficit pubblico.
Nei primi nove mesi del 2016, da gennaio a settembre, il debito pubblico è aumentato di 39,9 miliardi di euro.
Il PIL reale, sempre nei primi tre trimestri, è cresciuto dello 0,8%: in pratica di circa 13 miliardi. Poiché l’aumento dei prezzi al consumo è stato negativo, dello 0,2%, si può tranquillamente affermare che anche il pil nominale non può essere cresciuto più di 13 miliardi.
Il debito pubblico accumulato da gennaio ad oggi, 39,9 miliardi di euro, è dunque più del triplo del maggior prodotto che è stato realizzato nello stesso periodo, pari a 13 miliardi.
Il Governo Renzi sperava che l’inflazione arrivasse all’1%. Sommando la variazione dei prezzi all’aumento del prodotto reale, si sarebbe arrivati al +1,8% di crescita del pil nominale, pari a 29,8 miliardi di euro. Ed era, questo, un risultato già assai poco lusinghiero rispetto ai 40 miliardi di deficit previsto per l’intero 2016.
Il nodo del credito, assillante da anni, è rimasto sempre più stretto. Le banche italiane sono in difficoltà, sia per l’ammontare delle sofferenze sia per le tante regole imposte dalla Vigilanza europea.
Quello che doveva essere uno dei sistemi bancari più solidi dell’Europa, ha tanti buchi da sembrare una fetta di Emmental.
Le Banche popolari sono state obbligate a trasformarsi in Spa; quelle cooperative a riunirsi in Holding; i problemi del Monte dei Paschi non sono stati risolti, con gli obbligazionisti messi in ambasce dalla richiesta di conversione volontaria in azioni del loro investimento, mentre circolano notizie poco rassicuranti circa un aumento di capitale da parte di Unicredit, nonostante la cessione di Pekao e di Pioneer, due galline dalle uova d’oro.
Il risultato è che, nell’anno trascorso dall’ottobre 2015, il credito alle imprese ed alle famiglie è diminuito ancora, dello 0,3%.
Rispetto al dicembre 2015, le sofferenze nette sono rimaste pressoché invariate, passando da 89 ad 85,1 miliardi di euro. Mentre diminuisce il ritmo di formazione delle nuove, non si riescono a smaltire quelle formatesi in passato.
E, quel che è peggio, la raccolta bancaria si sta riducendo, per dimensione e stabilità. Nell’anno trascorso da ottobre 2015, la raccolta complessiva è diminuita dell’1,8%. La raccolta tramite obbligazioni, quella a medio e lungo termine, si è ridotta del 16,4%, per un importo di 63,5 miliardi. In parte si è riversata su conti correnti, conti di deposito e pronti contro termine: nel complesso, queste detenzioni sono aumentate di oltre 32 miliardi rispetto ad un anno prima. Si vede lontano un miglio che i risparmiatori sono molto preoccupati, e si tengono liquidi.
Questo è ciò che preoccupa gli Italiani ed i mercati.
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