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Libia, di che cosa ha paura Parigi?

La reazione militare egiziana in Libia ha cambiato improvvisamente il rapporti di forza nel Mediterraneo.

La reazione militare egiziana in Libia, decisa per vendicare l'esecuzione da parte dell'Is di dodici suoi cittadini di religione copta, ha cambiato improvvisamente i rapporti di forza nel Mediterraneo. La Francia ha chiesto una convocazione urgente del Consiglio di sicurezza dell'Onu: la sua strategia per ridimensionare la presenza italiana, provocando l'abbattimento del regime del Colonnello Gheddafi, si è dimostrata funzionale all'obiettivo di destabilizzare l'intera area mediorientale. Chissà, qualcuno sperava che, creando il caos, i conflitti interni tra fazioni, tribù ed appartenenze religiose, sterilizzassero il potenziale distruttivo antioccidentale del terrorismo islamico.

L'emergere dell'Is, il Califfato islamico tanto ubiquo quanto incomprensibile alla luce della esperienza statuale che permea la mentalità occidente, viene fronteggiata in Libia da una componente che si avvale del supporto dell'Egitto, alle cui spalle si sta muovendo la Russia.

Per la Francia, ed ancor più per gli Usa, sarebbe una catastrofe strategica: nel Mediterraneo si riproporrebbe lo schema della prima decolonizzazione, quando le rivolte contro i regimi monarchici legati al sistema politico della Gran Bretagna crearono le condizioni per un ingresso dell'URSS nel Mediterraneo. Tutti gli sforzi occidentali, dalla guerra del Kippur in poi, volti a ridimensionare la presenza russa nel Mediterraneo, sono stati così vanificati, uno dietro l'altro. Soprattutto quelli derivanti dalla Pace di Camp David, tra Egitto ed Israele, e dalla cancellazione operata con una legge americana della Libia di Gheddafi dalla lista dei paesi sostenitori del terrorismo, che risale all'estate del 2008.

La Russia, che sembrava definitivamente fuori del Mediterraneo, tenta di rientrarvi approfittando dei rivolgimenti conseguiti alle primavere arabe. La crisi ucraina l'ha costretta ad accelerare i giochi.

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