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Achille-Renzi e la crisi-tartaruga

Inutile correre alle elezioni, con le riforme o senza: se prima non si rottamano le idee malsane, la crisi andrà sempre più avanti

Inutile correre alle elezioni, con le riforme o senza: se prima non si rottamano le idee malsane, la crisi andrà sempre più avanti

Si ha un bel dire che ormai è tutto chiaro, che si va a votare in primavera, con la sinistra PD ormai spacciata. Si aspetterebbe solo il minimo inciampo: il Governo metterà la fiducia su ogni provvedimento, dal Jobs Act alla legge di Stabilità. Chi si oppone rischia grosso ad aprire una crisi: si va dritti alle elezioni. Conviene quindi obbedire, non solo per disciplina di partito. E, di certo, chi si è messo di traverso, di ritornare in Parlamento non se lo può neppure sognare.

Anche nel centro destra non c’è nessuna voglia di contarsi alle urne: gli ultimi sondaggi lo danno al 10%. Ecco che a dar manforte al Governo, dietro le quinte, c’è sempre Forza Italia. Una strategia dai tempi lunghi, dunque: con il Governo che sforna in continuazione proposte che dovrebbero suonare irricevibili per il centrodestra, dalla disciplina delle unioni civili alla cittadinanza per naturalizzazione a favore degli stranieri nati in Italia che compiono almeno un ciclo di studi. Forza Italia arretra, un passo dopo l’altro: ha capito il gioco e non fa mai muro, su nulla. Lo smarrimento tra i suoi elettori è ovvio, ma è una strategia precisa: Renzi sarà sconfitto dal tempo.

C’è invece chi immagina un Parlamento nuovo di zecca, dopo una tornata elettorale sbaragliata dall’attuale leader Matteo Renzi, cui nessuno sarebbe in grado di opporsi: né la minoranza di sinistra, né tantomeno l’opposizione di bandiera, è proprio il caso di dirlo, di Forza Italia. C’è chi conta pure sul fatto che anche il M5S sembra in crisi d’identità.

Sono conti fatti senza l’oste: intanto, c’è ancora da fare la riforma elettorale. Se si dovesse votare oggi, si dovrebbero rettificare le norme rimaste in vigore dopo che la Corte costituzionale ha amputato il Porcellum, dacchè non prevede una soglia minima per attribuire il premio di maggioranza alla coalizione vincente e non consente un reale diritto di scelta agli elettori. Mancando il voto di preferenza, si vota su liste bloccate: è un Parlamento di nominati, di rappresentanti decisi da chi forma le liste elettorali, più che di rappresentanti eletti dal popolo.

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