(Teleborsa) - "Con lo
shock dovuto alla diffusione del covid-19, da
febbraio 2020 moltissime imprese in Italia stanno subendo un c
rollo dei fatturati, che prosciuga la loro
liquidità, a fronte di esborsi che restano necessari (fornitori, dipendenti, fisco, banche). Già prima dell’epidemia, l’indagine ISTAT segnalava una
flessione della liquidità disponibile in azienda e il
credito bancario era in calo (-1,3% annuo). Ora si rischia che le riserve di cassa si azzerino rapidamente e che tante imprese non riescano più a far fronte ai pagamenti: questo potrebbe condurre a una diffusa
crisi di solvibilità nel settore produttivo, anche per
imprese con bilanci solidi prima della pandemia". E' quanto sottolinea un focus del Centro Studi di Confindustria (CSC).
Per molte imprese - segnalano gli analisti dell'associazione degli
imprenditori - ciò preannuncia un
azzeramento delle possibilità di spesa in beni di capitale. Senza un'iniezione di liquidità l'economia italiana verrebbe trascinata giù proprio da quello che dovrebbe essere
uno dei suoi motori. La mancanza di
investimenti "zavorra anche la
crescita del
Paese nel
medio-lungo termine", aggiunge CSC. Il fabbisogno di liquidità nel 2020 è stato stimato, in uno scenario di fine epidemia a giugno, in
30 miliardi di euro, di cui gran parte necessari tra aprile e giugno. Diventerebbero
80 miliardi in uno scenario pessimistico con fine epidemia a dicembre. Senza moratoria sui prestiti queste cifre salgono a
42 e 107 miliardi. Se si includono le
imprese che già avevano problemi di liquidità, si arriva a
57 e 138 miliardi. Bisogna impiegare - sottolinea CSC -
ingenti risorse pubbliche per fornire oggi liquidità alle imprese e rendere poi possibile la ripartenza, una volta terminata l’emergenza sanitaria.
Cruciale è la tempistica: occorre agire subito, per evitare
crisi di imprese già nei primi mesi.