(Teleborsa) - Gli Stati Uniti non sono molto entusiasti nel pensare che la Gran Bretagna possa smarcarsi del tutto dall'Unione Europea. La ha lasciato intendere il responsabile americano al commercio Micheal Froman, in carica dal 2013, in una serie di dichiarazioni rilasciate all'agenzia Reuters.

Gli elettori britannici, entro il 2017, saranno chiamati a decidere con un referendum, se il Regno Unito dovrà anche in futuro rimanere in Europa, con i sondaggi d'opinione che mostrano un crescente sostegno a lasciare l'Euroblocco.

I commenti di Froman sono piovuti come un fulmine a ciel sereno, minando la convinzione di chi crede che la Gran Bretagna possa prosperare anche da sola, gestendo in autonomia gli accordi libero scambio con i partner commerciali.

Ad oggi gli Stati Uniti sono il più grande mercato di esportazione della Gran Bretagna, dopo quello dell’Unione Europea, che frutta al Regno Unito 54 miliardi di dollari all'anno.

"Penso che sia assolutamente evidente che la Gran Bretagna possa avere una voce più autorevole se facesse parte di una organizzazione commerciale più ampia”, ha detto Froman all'agenzia Reuters, aggiungendo che l'adesione all'UE darebbe alla Gran Bretagna più forza nei negoziati.

"Non siamo particolarmente favorevoli ad accordi di libero con i singoli paesi. Stiamo costruendo diverse piattaforme negoziali, a cui possano aderire anche altri paesi nel corso del tempo”.

“Se la Gran Bretagna lascerà l’Unione europea”, ha detto ancora Froman, “dovranno affrontare le stesse tariffe e barriere commerciali, come gli altri paesi al di fuori della rete di libero scambio degli Stati Uniti, come Cina, India o Brasile”.

A tal proposito Washington ha appena siglato un accordo commerciale con 11 nazioni dell’area Pacifico e vuole concludere i negoziati con l'Unione europea sul programma TTIP, organizzazione commerciale per gli investimenti e il partenariato transatlantico, entro la fine del prossimo anno.

Se la Gran Bretagna non facesse parte dell'Unione Europea, mancando l’adesione al TTIP, i prodotti esportati verso gli Stati Uniti, come ad esempio le automobili Jaguar o Land Rover, verrebbero gravate di un dazio del 2,5%, che le porrebbe in netto svantaggio rispetto ai concorrenti tedeschi e italiani.