(Teleborsa) - La Riforma della Pubblica Amministrazione approvata ieri in Senato riceve già le prime critiche da parte dei sindacati della scuola, che mettono in discussione le nuove norme su dirigenza e accesso ai pubblici uffici ai fini dell'armonizzazione con le norme europee sul precariato.

Ancora una legge che rimanda a decine di decreti delegati con nuovi poteri al Governo di indirizzo, anche rispetto ai contratti esistenti, senza risolvere i problemi concreti”, commenta Marcello Pacifico, presidente del sindacato della scuola Anief, segretario organizzativo Confedir e confederale Cisal.

Secondo Pacifico, "il licenziamento del dirigente pubblico, il ruolo unico e l'incarico a tempo renderanno sempre più incerti il lavoro gestionale, decisionale e programmatico in capo a chi rimane ostaggio di un decisore politico che continua a valutare sulla base dello spoils system, ma non risponde delle scelte che ha ordinato. Il dirigente, infatti, da mero esecutore di scelte assunte a livello politico diventa ora addirittura il capo espiatorio”.

Il sindacato contesta anche la norma sugli incarichi "a tempo" dei dirigenti, che potranno durare quattro anni, estendibili di altri due: "l'idea stessa che si possa esercitare una funzione dirigenziale per sei anni, salvo poi cambiare funzione in altro ramo della pubblica amministrazione, squalifica il concetto stesso di merito più volte ribadito dalla costituzione e svilisce le professionalità acquisite, disperdendo patrimoni e buone pratiche", spiega Pacifico.

Non convince nemmeno la decisione di rimettere mano ai concorsi, perché si continua a non affrontare il fatto che oggi vi sono ancora decine e decine di migliaia di precari, che operano su posti vacanti con oltre 36 mesi di servizio alle spalle.