(Teleborsa) - Il precariato è una piaga per l'Italia, che ne conta a centinaia di migliaia, non solo nel mondo della scuola, ma un po' ovunque. Eppure, nel campo dell'istruzione la ferita brucia di più, perché per molti docenti lo status di precario può durare decenni, abbracciando una buona parte della propria vita lavorativa.
Precario, per definizione, è un lavoratore che vive una situazione lavorativa caratterizzata da una "condizione generale di incertezza". Nella scuola significa anche vivere la vita anno per anno, saltare da una scuola all'altra senza sosta, spesso fuori sede, senza garanzia di tornare l'anno venturo, di proseguire il lavoro didattico avviato con i propri alunni. Significa avere uno stipendio "a singhiozzo", senza diritto a poter pianificare il proprio futuro familiare, né la possibilità di chiedere un mutuo. Dietro la definizione di precari, insomma, c'è tutto un mondo, vi sono persone ed affetti, eppure se ne continua a parlare con una certa superficialità, snocciolando numeri, che non sono in grado di esprimere nulla, se non la sterilità delle statistiche.
E' a questo precariato che si deve dire basta, perché la scuola italiana sta rapidamente scivolando in fondo alle graduatorie a livello internazionale, perché gli insegnanti italiani un tempo erano un fattore di eccellenza e perché gli studi effettuati in Italia non temevano di certo paragoni. Oggi, quando va bene, le famiglie sono costrette a mettere mano al portafoglio per i cosiddetti "laboratori a pagamento", così da garantire qualcosa di più all'educazione scolastica dei propri figli.
E non sarà il Governo a dire basta al precariato, anche se va detto che è il primo esecutivo ad aver stanziato i fondi necessari ad assumere 150 mila docenti, svuotando le Graduatorie ad Esaurimento, come previsto da riforma introdotta da La Buona Scuola. Piuttosto, sarà la Corte europea a sanare un'ingiustizia perpetrata per un ventennio dai governi che si sono susseguiti, al di là del colore politico. La sentenza della Corte, attesa per il prossimo 26 novembre, dovrebbe condannare l'Italia per aver abusato del precariato, violando la clausola n. 5 della Direttiva UE 1999/70, che impone agli stati membri di prevenire e sanzionare l'uso indiscriminato dei contratti a termine laddove l'esigenza è duratura e richiederebbe la cosiddetta "stabilizzazione" (assunzione a ruolo). Lo ha già anticipato l'Avvocato generale presso la Corte di giustizia dell'Unione europea, Maciej Szpunar, che ha duramente condannato e censurato questa pratica.
Il countdown è già iniziato e viene salutato con soddisfazione dai principali sindacati della scuola, come la CGIL, che ha indetto per l'occasione una conferenza stampa con i suoi legali ed esperti. Anche il sindacato ANIEF seguirà l'evento, con un presidio direttamente a Bruxelles, dopo esser stato fra i primi a portare avanti l'annosa lotta al precariato.
Va ricordato che la scuola è il comparto che vanta la metà dei precari di tutta la PA italiana: ci sono diverse migliaia di docenti precari che sono inseriti nelle GaE dal 2000. Alcune centinaia di vincitori del concorso pubblico del 1999, soprattutto di alcune discipline (come Educazione fisica, Francesce, Diritto, Economia aziendale) ancora non sono stati immessi in ruolo.