(Teleborsa) - All'indomani della chiusura della Cop29 di Baku i paesi fanno un bilancio dei risultati e gli umori sono contrastanti. Dopo due settimane di negoziati è passato l'accordo sull'aumento degli aiuti climatici ai paesi in via di sviluppo che triplica gli aiuti previsti dall'Accordo di Parigi: da 100 miliardi di dollari all'anno a 300. Ma a quest'ultima cifra si arriverà solo nel 2035, mentre gli stati emergenti e in via di sviluppo del G77+Cina chiedevano 1.300 miliardi di dollari all'anno subito. Aiuti che non sono per lo più contributi pubblici a fondo perduto, come chiedevano i paesi vulnerabili, ma in buona parte prestiti delle banche multilaterali di sviluppo e delle banche private con la garanzia dello stato. Soldi a tassi agevolati, ma pur sempre prestiti, che creano debito in paesi già poveri. Il documento precisa che i paesi in via di sviluppo possono erogare aiuti, ma non hanno alcun obbligo, e i loro soldi non rientrano nel conteggio dei 300 miliardi. Un modo per accontentare la Cina, che per l'Onu risulta ancora paese in via di sviluppo: Pechino vuole erogare i suoi aiuti senza avere vincoli.

Joe Biden parla di "risultato storico", e lancia un monito al suo successore Donald Trump la cui intenzione è portare di nuovo fuori il suo paese dall'Accordo di Parigi: "Nessuno può fermare la rivoluzione sull'energia pulita". Ma senza i soldi degli americani, l'obiettivo dei 300 miliardi all'anno diventa difficile. Per il commissario europeo per il clima Wopke Hoekstra, che ha guidato il fronte dei paesi sviluppati, "la Cop29 sarà ricordata come l'inizio di una nuova era per la finanza climatica". E la sua presidente Ursula von der Leyen aggiunge che l'intesa "stimolerà gli investimenti nella transizione pulita". Di tutt'altro avviso la delegata indiana alla conferenza, Leela Nandan: "L'importo che si propone di mobilitare è abissalmente misero. È una somma irrisoria". L'India ha dichiarato di opporsi al documento finale, ma di fatto non ha votato contro. Che sia un risultato a metà l'ha ammesso il segretario generale dell'Onu, Antonio Guterres: "Avevo sperato in un risultato più ambizioso, sia in termini di finanza che di mitigazione". Ma certo il malumore di paesi africani e di quelli più esposti è chiaro. Per Ali Mohamed, presidente kenyano del gruppo dei negoziatori africani, 300 miliardi all'anno dal 2035 sono "troppo poco e troppo tardi. Siamo estremamente delusi". Tina Stege, inviata per il clima delle Isole Marshall, ha accusato le "lobby del fossile" di aver "bloccato i progressi", ma ha aggiunto: "abbiamo ottenuto qualcosa per le nostre comunità".

In Italia, per Legambiente l'accordo è "pessimo", e per il Wwf Italia non dà un "segnale forte sulla riduzione delle fossili". Luca Bergamaschi del think tank Ecco ritiene che a Baku si sia "raggiunto il massimo compromesso sulla finanza", tuttavia "gli interessi legati alle fonti fossili, rappresentati da Arabia Saudita e Russia, hanno bloccato le azioni necessarie per la transizione verde". Il risultato della Cop29 per Jacopo Bencini di Italian Climate Network è stato insperato ma limitato. Quello che serve ora è la "trasformazione delle banche multilaterali di sviluppo in banche di investimenti per il clima".

La Cop29 ha approvato anche le norme per il mercato internazionale delle emissioni di carbonio, previsto all'articolo 6 dell'Accordo di Parigi e mai realizzato in dieci anni. La sua istituzione era il secondo dossier più importante della Cop. In questo mercato, gestito dall'agenzia dell'Onu per il clima, l'Unfccc, uno stato può acquistare un progetto di decarbonizzazione in un altro paese, in genere una riforestazione. Il taglio delle emissioni che risulta da questo progetto all'estero viene contabilizzato come taglio delle emissioni del paese che paga.

Il documento finale accontenta anche l'Arabia Saudita, perché non aumenta gli impegni di decarbonizzazione rispetto a quanto deciso l'anno scorso alla Cop28 di Dubai. La Ue ha dovuto cedere su questo, come pure su diritti umani e delle donne, citati in modo generico.