(Teleborsa) - “Le indicazioni nazionali che le scuole sono chiamate a seguire, relative ai percorsi formativi di istruzione, dovrebbero essere applicate con didattica e metodologia differenti. Ci sono ragazzi che sanno utilizzare con abilità incredibile i nuovi strumenti che la tecnologia mette loro a disposizione, ma magari non hanno quel senso critico per potersi approcciare all’infinità di informazioni che quei mezzi offrono loro. Penso che un migliore utilizzo delle tecnologie possa aiutare i giovani in questo percorso. La nuova sfida da vincere è una didattica innovativa che parta dall’aggiornamento della professionalità stessa degli insegnanti e su questo dobbiamo spingere. ‘Orientamento’ è la parola magica per aiutare gli studenti a formarsi”.
Lo ha dichiarato Simona Malpezzi (Pd), vicepresidente della Commissione Parlamentare per l’infanzia e l’adolescenza, nel corso del Cnpr forum “Scuola e domani: nuovi percorsi educativi e formativi per stare al passo con l’innovazione” promosso dalla Cassa di previdenza dei ragionieri e degli esperti contabili, presieduta da Luigi Pagliuca.
“Una scuola che orienta è la migliore risposta contro la dispersione scolastica. I Pcto dovrebbero servire a questo. Spesso invece - ha aggiunto Malpezzi - sono visti come obbligo e non come opportunità. Infatti questi percorsi dovrebbero essere utilizzati come possibilità per far conoscere a studentesse e studenti una serie di nuovi mondi con i quali la scuola fatica a creare contatti, e per far avvicinare il mondo del lavoro e le diverse figure che possono essere contigue al loro percorso di studi”.
Sulla riforma delle ITS academy si è soffermata Rosaria Tassinari, deputata di Forza Italia in Commissione Cultura, Scienza e Istruzione a Montecitorio: “I programmi scolastici devono essere aggiornati ai tempi e all’evoluzione continua e molto rapida della società. La capacità della scuola deve essere quella di adeguarsi a questi processi. L’obiettivo è di formare giovani con una cultura di base ma anche con una preparazione tecnica che li aiuti a inserirsi nel mondo del lavoro in maniera equilibrata, indirizzandoli anche nei settori dove c’è più possibilità di accesso occupazionale. Bisogna investire risorse anche per preparare gli insegnanti a questa sfida. L’IA sta correndo e deve avere un ingresso nei programmi d’informatica che attualmente sono abbastanza semplicistici. In Commissione Cultura stiamo analizzando la legge sulla filiera tecnologica professionale approvata al Senato, ora in seconda lettura alla Camera. Su questo fronte è prevista la possibilità di strutturare la nuova scuola professionale in 4 anni più 2, con un indirizzo generale per tutti e poi la possibilità di fare ITS academy in base all’ambito d’interesse. La mission è creare quel ‘matching’ necessario tra scuola e mondo del lavoro che finora non è stato efficace. Questa riforma potrà rappresentare la soluzione”.
Critico Gaetano Amato, parlamentare del M5s in Commissione Cultura, Scienza e Istruzione alla Camera dei Deputati: “L’istruzione in questo Paese sta peggiorando. La scuola italiana era famosa nel mondo per la capacità di formare gli individui attraverso una formazione umanistica che gli permettesse di cimentarsi in vari campi. Ho paura che questo eccesso di specializzazione possa creare problemi. La tecnologia viaggia a una velocità tale che se la scuola italiana diventa specializzante del momento, avrà difficoltà nel rincorrere questi tempi. All’istituto che forma lo specialista preferisco quello che forma l’individuo. In Commissione Cultura ci siamo trovati due provvedimenti della maggioranza: autonomia differenziata e filiera degli istituti tecnici. Quest’ultimo provvedimento punta a formare solo lavoratori, non ha né capo né coda. Non si parla di come saranno assunti i futuri operai, di chi li dovrà pagare. Non si creano le strutture necessarie a supportare la reale occupazione. La formazione generale dell’individuo è fondamentale; poi si pensa a creare i vari comparti lavorativi. La scuola pubblica non deve diventare un mero centro di addestramento professionale”.
Secondo Pino Bicchielli, deputato di Noi Moderati nella Commissione Parlamentare Antimafia, “la digitalizzazione è al centro di tutta la nostra attività, in qualunque settore è diventata un punto di riferimento. Sull’istruzione il governo Meloni ha messo in campo le prime iniziative e faremo ancora di più per costruire un’interconnessione tra la scuola e il mondo del lavoro. Mi riferisco a ciò che è stato compiuto per gli ITS e il Liceo del Made in Italy che sta prendendo l’avvio. Il tema principale è quello di aprire un canale bidirezionale tra mercato dell’occupazione e la formazione. Per fare questo motivo bisogna rimanere aggiornati sul tema delle competenze. Poi, c’è il tema dell’educazione digitale, che ho sempre ritenuto essenziale. Deve rappresentare un ‘accompagnamento’ sia per gli studenti delle scuole medie inferiori e superiori, sia per i bambini: i nuovi nativi digitali. Noi siamo dei veri e propri ‘immigrati digitali’ abbiamo scoperto la digitalizzazione in età adulta. Per la costruzione del futuro sarà strategica la conoscenza del digitale e diventerà fondamentale per la crescita delle nuove generazioni. Però, abbiamo anche il dovere, come comunità politica e sociale, di lavorare per insegnare ai giovani i tanti rischi che sono legati alla Rete”.
Nel corso dei lavori, moderati da Annamaria Belforte, il punto di vista dei professionisti è stato espresso da Eleonora Linda Lecchi, commercialista e revisore legale dell’Odcec di Bergamo: “L’avvento delle nuove tecnologie e la digitalizzazione stanno cambiando rapidamente la nostra società. Di fronte a questo processo i programmi scolastici in vigore rischiano di non essere adeguati a preparare gli studenti alle sfide del futuro. L’istruzione deve restare al passo con i tempi. In questo contesto diventa cruciale rafforzare il legame tra istruzione e lavoro”.
Conclusioni affidate a Paolo Longoni, consigliere dell’Istituto nazionale esperti contabili: “I programmi scolastici non esistono più. Sono stati sostituiti da indicazioni nazionali sulla base delle quali gli insegnanti devono modellare percorsi formativi a seconda delle necessità degli allievi. Il corpo insegnante deve uscire dall’ossessione del programma e dallo sviluppo cronologico dello stesso. Bisogna scommettere di più sulla capacità di progetto, orientando gli studenti a sviluppare le proprie competenze. Tenendo ben presente che la scuola forma individui, non specialisti. Bisogna uscire dalla logica per la quale la scuola si limiti a una preparazione sui settori richiesti dal mondo del lavoro. Il discorso delle competenze va inteso come sviluppo delle abilità, della capacità di utilizzare le conoscenze e come sviluppo delle capacità personali. La scuola deve insegnare la metodologia, come si lavora in gruppo o per progetti. Deve aiutare i ragazzi a metabolizzare le conoscenze che torneranno loro utili nel mondo del lavoro. Il problema è che nel mondo del lavoro si è persa la capacità di formare le nuove leve. Questa è formazione specialistica che deve, attraverso i tirocini, avvenire a latere della scuola”.