(Teleborsa) - I bonus edilizi pesano come spesa pubblica direttamente nel primo anno di avvio, senza essere spalmati nell'arco degli anni previsti dalla detrazione. Questo il "verdetto" al quale sono giunti Istat ed Eurostat per calcolare l'impatto sui conti pubblici dei crediti d'imposta, Superbonus in testa, rispetto al quale il governo Meloni è intervenuto con una stretta che passa dall'eliminazione dei meccanismi di sconto in fattura e cessione del credito, proprio con l'obiettivo di limitare l'effetto sul deficit.
Dai dati che l'Istituto di statistica ha diffuso oggi emerge l'impatto sul 2021 (anno chiuso con il deficit al 9%) e soprattutto sul 2022, che rispetto alle stime del 5,6%, fa registrare un deficit dell'8%. Considerando lo stop alle cessioni e la nuova classificazione statistica, nel 2023 e negli anni a seguire, il peso sull'indebitamento dovrebbe essere decisamente inferiore, lasciando più spazio di manovra per eventuali altri interventi di politica economica.
"Alla luce del nuovo quadro interpretativo e a seguito dell'esito degli approfondimenti metodologici condotti congiuntamente da Istat e Eurostat, - spiega l'Istat - è mutato il trattamento contabile del Superbonus 110% e del cosiddetto bonus facciate a partire dall'anno di stima 2020. Entrambi i crediti di imposta sono ora classificati come crediti di imposta di tipo pagabili e registrati nel conto consolidato delle amministrazioni pubbliche come spese per l'intero ammontare, ossia nel momento di sostenimento della spesa di investimento agevolata. Nelle precedenti stime, entrambe le agevolazioni erano state classificate come crediti di imposta di tipo non pagabili ed erano quindi registrate come minor gettito nell'anno di utilizzo del credito (quindi, come minore entrata tributaria.
Nel 2022 - si legge nel commento - "l’economia italiana ha registrato una crescita decisa, ma inferiore rispetto a quella del 2021. A trascinare la crescita del PIL (+3,7%) è stata soprattutto la domanda nazionale al netto delle scorte, mentre la domanda estera e la variazione delle scorte hanno fornito contributi negativi. Dal lato dell’offerta di beni e servizi, il valore aggiunto ha segnato crescite nelle costruzioni e in molti comparti del terziario, mentre ha subito una contrazione nell’agricoltura. La crescita dell’attività produttiva si è accompagnata a una espansione dell’input di lavoro e dei redditi. Il rapporto tra l’indebitamento netto delle Amministrazioni pubbliche e il Pil ha registrato un miglioramento rispetto al 2021. Il valore dell’indebitamento è stato rivisto a seguito del cambiamento introdotto nel trattamento contabile dei crediti di imposta".
L'istituto segnala che nel 2022 la pressione fiscale complessiva (ammontare delle imposte dirette, indirette, in conto capitale e dei contributi sociali in rapporto al Pil) è risultata pari al 43,5%, in aumento rispetto all'anno precedente, per effetto della crescita delle entrate fiscali e contributive (+7%) superiore rispetto a quella del PIL a prezzi correnti (+6,8%).
"Il governo con trasparenza, coerenza e responsabilità è impegnato ad assicurare un'uscita sostenibile da misure non replicabili nelle medesime forme". Lo scrive in una nota il MEF prendendo atto delle decisioni degli istituti di statistica indipendenti che mettono un punto fermo sulla vicenda contabile, i riflessi sul bilancio dei bonus edilizi e delle cessioni dei crediti introdotti a decorrere dal 2020. "La correzione delle norme sui bonus edilizi è stato l'indispensabile presupposto a tutela dei conti pubblici per il 2023, invertendo una tendenza negativa certificata oggi dall'Istat", spiega il ministero. "Parimenti il governo è al lavoro con tutti i soggetti interessati per risolvere il grave problema di liquidità finanziaria delle imprese ereditato da imprudenti misure di cessione del credito non adeguatamente valutate nei loro impatti al momento della loro introduzione".
ISTAT: peggiora rapporto deficit-PIL, i numeri "dell'effetto Superbonus"
Nel 2022 pressione fiscale (sale) al 43,5%
01 marzo 2023 - 13.02