(Teleborsa) - E' polemica sui numeri "campati per aria" forniti dal Ministro dell'Istruzione Patrizio Bianchi, che ha parlato di una percentuale del 5% di cattedre rimaste scoperte. In realtà, il sindacato Anief denuncia che la percentuale è molto più alta e si aggira attorno al 20%.
“Abbiamo il 5% di cattedre scoperte, sono quelli che rinunciano o situazioni impreviste o malattia", ha dichiarato il Ministro, aggiungendo che si tratta di "supplenze che non vengono date da noi ma dalle singole scuole". Il Ministero infatti avrebbe assegnato le supplenze annuali il 15 agosto, mentre le scuole si sono mosse il 1° settembre alla riapertura dei plessi.
Bianchi ha poi spiegato che l’anno scorso sono stati assunti 61mila insegnanti e quest’anno n oltre 50mila e altri, cui vanno aggiunti gli insegnanti di sostegno in deroga. "Il vero problema da affrontare - ha sottolineato il capo del dicastero di Viale Trastevere - non sono i precari ma la crisi demografica perché in due anni si sono persi quasi 300mila studenti ed entro il 2031-32 ci saranno 1,4 milioni di studenti in meno".
Immediata la replica di Marcello Pacifico, presidente del giovane sindacato Anief, secondo cui il 20% dei posti va a supplenza ed è ancora in corso di assegnazione dalle GPS. "Sono percentuali che non tornano. - denuncia - Siamo di fronte ad una vergogna che denunceremo nuovamente in Europa. Ancora di più perché altrimenti altri 20 mila posti potrebbero essere ancora assegnati ai ruoli, se solo si integrassero le graduatorie del concorso Straordinario bis: tra l’altro, ci sono oltre 43 mila cattedre destinate alle stabilizzazioni dal Mef e che invece aumenteranno ulteriormente le supplenze annuali. Altro che 5%".
"L’anno è partito ancora un volta con decine e decine di migliaia di cattedre vacanti - ricorda il sindacalista - e oltre 70mila in deroga su sostegno, più altri 40 mila posti in organico Covid, compresi gli Ata, che non sono stati confermati al netto di altri 16 mila posti vacanti di personale Ata non autorizzati (in supplenza). A questo punto la domanda sorge spontanea: siamo dinanzi ad una guerra di cifre o è la scuola italiana in guerra?".