(Teleborsa) - Nonostante l’Italia abbia il limite all'utilizzo del contante più basso d’Europa, l’evasione fiscale non sembra averne risentito, anzi.
Dall'analisi elaborata dall'Ufficio studi della CGIA, emerge infatti che c’è pochissima correlazione tra la soglia limite all'uso di cartamoneta imposta per legge e il rapporto tra la base imponibile IVA non dichiarata e il PIL, vale a dire l’evasione fiscale.

Per dimostrare lo scarso legame tra le due cose (in questi giorni il tetto di utilizzo del contante è tornato alla ribalta per la decisione del Governo di alzarlo a 3 mila euro) basti prendere in mano qualche dato statistico.

Tra il 2000 e il 2012 (ultimo anno in cui i dati sono disponibili), a fronte di una soglia limite all'uso del denaro che è rimasta pressoché stabile fino al giugno 2008, l’evasione ha registrato un andamento altalenante fino al 2006 per poi scivolare progressivamente fino al 2010. Se tra il 2010 e l’anno successivo l’”asticella” del limite al contante si è ulteriormente abbassata (passando da 5.000 e 1.000 euro), l’evasione, invece, è salita fino a sfiorare il 16% del PIL, per poi ridiscendere nel 2012 sotto quota 14%.

Alla luce di questa comparazione si può dunque affermare che non c’è una stretta correlazione tra l’uso della carta moneta e l’evasione fiscale.

Tra i principali membri dell’Unione europea, ben 11 Paesi non prevedono alcun limite all'uso del contante. Il Belgio ha una soglia di spesa con la cartamoneta di 3.000 euro, la Spagna di 2.500 euro e la Grecia di 1.500 euro. L’Italia, da poche settimane la Francia e il Portogallo, invece, manifestano la situazione più restrittiva: la soglia massima oltre il quale non si può più usare il contante è pari a 1.000 euro.