(Teleborsa) - Prosegue lo scontro tra sindacati e Confindustria sul tema dei contratti, in particolare sul salario minimo tirato fuori dopo le dichiarazioni del presidente degli industriali, Giorgio Squinzi, in merito al fallimento delle trattative tra le parti.
Il segretario generale della Cisl, Annamaria Furlan, ha invitato gli industriali e le parti sociali a riunirsi intorno ad un tavolo per definire il modello contrattuale, invocando "buonsenso", dichiarando però che "il salario minimo per legge sarebbe la fine del contratto nazionale".
Pienamente d'accordo il presidente della Commissione lavoro della Camera, Cesare Damiano, per il quale il salario minimo è "l'anticamera del salario individuale, con tutti i danni e le fragilità che esso comporterebbe per il lavoratore".
E' intervenuto sul tema anche il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti. "Prima di procedere sul salario minimo è necessario che le parti sociali trovino un’intesa", ha sottolineato il ministro aggiungendo che "dobbiamo riuscire a guardare a questa materia in maniera organica e non in un solo punto".
Il salario minimo sarebbe una "beffa" per 3 milioni di dipendenti pubblici, ha tuonato Marcello Pacifico, presidente del sindacato della scuola Anief, dichiarando: "noi non ci stiamo, perché il reddito minimo nel pubblico impiego dovrebbe partire dalla rivalutazione del 4% degli stipendi negli ultimi sette anni. Intanto, lo Stato ridia i 6mila euro a dipendente, in totale fanno 18 miliardi, risparmiati con il blocco dell’indennità di vacanza contrattuale. E poi discutiamo per il futuro".