(Teleborsa) - Tempi duri per la Banca Popolare di Vicenza, costretta ad una cura dimagrante, a causa di una gestione che viene accusata di esser stata poco trasparente.

La banca è anche al centro di una inchiesta giudiziaria, per quella che viene definita da molti una gestione "allegra", tenuta dall'ex management negli anni passati. Un modus operandi che ha spinto molti investitori a fare esposto contro le perdite subite sul crollo delle quotazioni dei titoli ed all'apertura di una indagine da parte della Procura di Vicenza. Indagati anche i vertici, il Presidente Giovanni Zonin e l'ex direttore Samuele Sorato.

Ora, il nuovo Piano industriale 2020, meglio dire piano d'emergenza, prevede ben 500 esuberi, su un totale di 5.500 dipendenti, e la chiusura di 100 filiali (oggi conta circa 650 sportelli). Il risanamento passa anche per un necessario rafforzamento finanziario, poiché la banca vicentina deve raccogliere 1,5 miliardi mediante aumento di capitale, tentando di reperire altre risorse mediante la quotazione in Borsa.

Oggi sarà il D-Day della banca, in quanto si tiene oggi il Consiglio di Amministrazione per approvare il piano che, a seguire, il direttore generale Francesco Iorio tenterà di illustrare ai sindacati.

Da questo fronte non si preannuncia nulla di buono, tanta è l'indignazione delle associazioni che tutelano i lavoratori. Il sindacato dei bancari Fabi, preannunciando di fare guerra all'Istituto per il piano di esuberi, denuncia "è inaccettabile che le colpe di una gestione tutt'altro che trasparente dell'istituto vengano fatte pagare ancora una volta ai dipendenti ".