(Teleborsa) -

La Riforma della scuola è appena stata ultimata, ma non piace quasi a nessuno, né agli studenti che sono scesi in piazza ieri in molte città italiane, né agli insegnanti, che ne mettono in luce contraddizioni e disparità di trattamento, soprattutto nei confronti dei precari, che ancora una volta si sono visti chiudere una porta in faccia.

Aspettando lo sciopero dei 140 mila precari della scuola il prossimo 17 marzo, un secco "no" al Piano del governo viene pronunciato dal sindacato della scuola Anief, che giudica "sbagliate le scelte e le assunzioni", che avrebbero dovuto essere almeno il triplo. Oggetto di contestazione sono, innanzitutto, il numero delle immissioni in ruolo: 50 mila in meno rispetto ai 150 mila annunciati da settembre sino a ieri.

"L’ex ministro Gelmini ne programmò in un solo anno 67 mila, senza scomodare l’organico funzionale", rimarca il sindacato, ricordando che con la riforma "si escludono tanti precari" e che è "inevitabile il ricorso in tribunale", sia per effetto della sentenza della Corte di giustizia europea sul precariato, sia per il problema della "chiamata diretta", che è incostituzionale.

"La scuola non è l’esercito, ogni insegnante è esperto di una sua specifica disciplina e non può essere utilizzato a caso", sottolonea il Presidente dell'Anief, Marcello Pacifico, sottolineando che "l’unica buona notizia è rappresentata dal mantenimento degli scatti di anzianità"