(Teleborsa) - Molti operatori per trivellazioni petrolifere offshore, che lo scorso anno sono stati in grado di pagare prezzi record per il trasporto navale, sono ora sotto pressione per rottamare i vecchi impianti a un ritmo senza precedenti.
Il recente minimo quinquennale dei prezzi petroliferi sta minacciando un settore alle prese con gli alti costi sostenuti per il rinnovamento delle flotte e un brusco indebolimento della domanda.
Più di 200 nuovi impianti sono programmati per essere consegnati nei prossimi sei anni. Un salto del 25% rispetto a quelli attualmente sotto contratto.
Per far fronte a ciò, molti proprietari degli impianti cercheranno di contenere i costi per l’abbattimento delle vecchie navi per equilibrare la domanda e l’offerta.
"L’impiego delle navi più vecchie, in particolare quelle costruite prima del 2000, è in realtà poco apprezzato dall'industria", ha detto James West, analista di Evercore ISI a New York. "Queste navi sono ancora cercate dai clienti solo per ottenere prezzi più bassi, rispetto a quelli che si devono sostenere per navi e impianti di qualità superiore".
Circa 140 vecchie navi dovrebbero essere demolite per far posto alle nuove, la cui consegne dovrebbero essere completate entro il 2020. Ciò significa che il ritmo di "abbattimento" delle vecchie navi dovrebbe aumentare, per alienare in sei anni le 123 costruite prima del 2000.
Il boom dell’esplorazione e delle trivellazioni ha preso il largo all’inizio del decennio e ha incoraggiato una raffica di ordini per la costruzione degli impianti di estrazione, stoccaggio e trasporto. Questa situazione di saturazione sta portando adesso verso un potenziale crollo di un mercato abituato a generare alti fatturati; il calo del greggio non fa altro che appesantire una situazione divenuta ormai insostenibile e allarmante per gli investitori.