(Teleborsa) - Il premier Matteo Renzi sembra aver ricevuto un no unanime dai sindacati all'ipotesi di inserire il TFR (Trattamento di Fine Rapporto) in busta paga. CGIL, CISL e UIL hanno immediatamente espresso la propria contrarietà all'idea del premier, con il segretario della UIL, Luigi Angeletti, convinto che l'unica strada per rilanciare i consumi è "tagliare le tasse sul lavoro" e "non mettere il TFR in busta paga".
I sindacati non sono soli, a dar loro man forte anche il mondo dell'artigianato.
Il segretario della CGIA, Giuseppe Bortolussi ha dichiarato che solo pochi imprenditori "sarebbero in grado di farsi carico" di un costo aggiuntivo annuo che oscilla tra i 3 mila e i 30 mila euro e che "vista la scarsa solvibilità in cui versano, difficilmente le banche sarebbero disponibili a elargire prestiti a soggetti estremamente a rischio d’insolvenza".
Dello stesso avviso la Cna - Confederazione Nazionale dell'Artigianato e della Piccola e Media Impresa. "La proposta di dare il TFR in busta paga per come è stata posta in questi giorni rappresenta un costo improponibile per le aziende, in un periodo di forte carenza di credito quella rappresenta una fonte", ha dichiarato il presidente di Cna, Daniele Vaccarino.
Favorevole al TFR in busta paga, invece, il ministro per lo Sviluppo economico, Federica Guidi. "Tutto quello che fa sì che rimangano dei soldi in tasca in più certamente va bene", ha dichiarato la Guidi, precisando però che "bisogna dosare bene gli strumenti che possono rilanciare i consumi, ma bisogna tenere conto anche della necessità di liquidità delle imprese".